mercoledì 11 giugno 2014

Un gioioso invito a dilagare ovunque e ad abbandonare le manifestazioni

COMUNICATO ROTAZIONI LAB

Sabato 14 giugno 2014 si terrà a Roma l'iniziativa #Velolove, indetta da persone entusiaste per i temi della mobilità. Non si può certo parlar male di questo appuntamento, ma è necessario sottolineare come negli ultimi anni vi sia stato un crescendo di iniziative che non hanno prodotto nulla di concreto a livello nazionale, meno che mai a Roma. L'aspettativa è cresciuta, si parla di più della mobilità ciclistica, ma sono ormai troppe le cerimonie consumate inutilmente. Le condizioni di spostamento dei ciclisti romani che usano la bici tutti i giorni non sono cambiate. L’accrescersi di interesse sulla mobilità ciclistica ha invece prodotto una serie di effetti collaterali, dalle facili promesse alle facili adesioni, che non servono a nulla, anzi risultano politicamente dannose. D’altra parte, la buona volontà dei pochi soggetti istituzionali che vorrebbero cambiare le cose si scontra con una situazione incancrenita, interessi economici forti, una burocrazia volutamente complessa e impenetrabile.
Per questo motivo ormai le manifestazioni di ciclisti non hanno alcuna efficacia.
Chi vuole vada a #Velolove, manifesti e festeggi, partecipi con allegria, scambi figurine e si diverta. Prendete pure parte a questa festa con la giusta dose di partecipazione emotiva, in una stagione propizia alle scampagnate e alla vita en plein air.
Ma questa energia in futuro va diretta altrove. Dopo il 14 giugno dobbiamo riprenderci la città di Roma, dobbiamo farlo pedalando tutti i giorni e lavorando tutti a livello individuale per aumentare il numero di ciclisti. Appuntamenti, incontri, picnic, passeggiate, pedalate devono essere strumentali a questo scopo, non devono servire a celebrare la propria appartenenza. È ora di smetterla con l'introversione. La lotta per la ciclabilità inizia negli androni dei palazzi. Bisogna persuadere gli automobilisti a lasciare l'auto sotto casa e a pedalare. Così facendo, possiamo persino contribuire a rilanciare nel mondo l'immagine di questa città ormai ristagnante e in piena decadenza. È necessario alimentare un movimento dal basso che inverta una tendenza drammatica, in cui le emergenze - traffico, smog, incidenti, impatto sulla salute - sono quotidiane.
Bisogna fare festa o apparire all'improvviso, sempre più spesso, in tre o in diecimila, scantonando il noioso rito della manifestazione di ciclisti, inevitabile strumento di risonanza per accorti politici.

Diciamoci la verità: non se ne può più di biciclettate, aperitivi, manifestazioni, celebrazioni, piccole riserve indiane in cui i ciclisti si incontrano tra loro, per poi perdersi nel grigiore quotidiano. A ogni nuova manifestazione possiamo verificare come i nostri sforzi siano risultati vani. È inutile insistere.
La storia e la cronaca ci insegnano che non serve a niente corteggiare i padroni del vapore, i quali non hanno alcuna intenzione di abbandonare i comandi e i privilegi acquisiti. Il petrolio e l'automobile domineranno le nostre città fino a quando tu, individualmente, non ti opporrai con le tue scelte e la tua energia. In una logica in cui lo stato e gli enti locali guadagnano dalle accise sui carburanti, perché mai dovrebbero impegnarsi seriamente sul costoso fronte del TPL (Trasporto Pubblico Locale) e della mobilità sostenibile? Certo, ci sono i parametri europei da rispettare e tante città hanno lavorato sulla mobilità ciclistica. Ma Roma è rimasta fatalmente fuori da un movimento che ormai può definirsi mondiale. C'è stata a Roma qualche novità negli ultimi dieci anni sul fronte della bicicletta? La risposta è no. L’unica cosa positiva è che i ciclisti sono aumentati, nonostante l’inerzia delle istituzioni. Quindi le buone notizie le portiamo solo noi.

Ora è giunto il momento di dilagare nelle città, di usare la bici tutti i giorni e intonare il nostro canto che solo a Roma suona rivoluzionario ed eccentrico, mentre nel resto del mondo è appannaggio delle istituzioni. Viviamo in un mondo alla rovescia. Purtroppo, per una forma di condizionamento collettivo, quasi nessuno se ne accorge. 
È il momento di convincere il collega intasato nel traffico e assillato dalle spese che la scelta migliore per lui è la mobilità a pedali. È ora di persuadere il vicino di casa, il fidanzato, il compagno di scuola. Aiutalo a scegliere una bici, assistilo nelle sue prime pedalate.
Pedalate tutti i giorni! Bussate alla porta del vostro dirimpettaio o del vostro collega. Mandate a quel paese chi vi parla dei sette colli, dei sampietrini, del sudore, che impedirebbe l'uso della bici. Lasciate perdere la politica. Farà finta di ascoltarvi, vi prenderà in giro e, se ci sono i soldi, piazzerà qualche appalto per opere poco utili. I politici dalla vostra parte saranno sempre in minoranza in questo paese.
La strada è la nostra corsia preferenziale e ciclabile. Non abbiamo limiti. Prendete la vostra due ruote con motore a gambe, e pedalate. Dobbiamo divenire soggetti attivi della mobilità di questa città. Il resto, lo dimostrano le cronache, è solo il brodo di coltura per adesioni di facciata del mondo istituzionale e mediatico, che finora non hanno prodotto alcun risultato. Né qualcuno va a controllare che alle adesioni e ai patrocini abbiano fatto seguito i fatti. Pubblicità gratis a chiunque voglia farsi avanti, comprese diverse associazioni di ciclisti e consorterie che non fanno nulla, ma cercano soltanto visibilità e contentini dalle istituzioni.
Siamo in ritardo rispetto all'Europa, siamo in ritardo rispetto al mondo intero! Che i governanti italiani si assumano la responsabilità della propria ignoranza e inazione.
Pedalate, allenatevi, viaggiate, mangiate, bevete, intessete amicizie! 

Smettiamola con le manifestazioni. Non si tratta di una decisione presa a caldo. Decenni fa sono state approvate dal Parlamento leggi sulla ciclabilità che giacciono inapplicate. Forse non è un caso che il 14 giugno 2014, dopo almeno vent'anni di attesa, si inauguri a Roma la pista ciclabile Monte Mario-Monte Ciocci. Un'inaugurazione grottesca, come se degli zombies andassero a tagliare il nastro in un asilo nido. Se si raccontasse all'estero la storia della ciclabile di Monte Mario non ci crederebbe nessuno.
È ora che la Fiab, Legambiente, Salvaiciclisti, le varie Reti, coordinamenti, tavoli, cabine di regia e di montaggio, associazioni vere o finte si rendano conto finalmente dell'inutilità del loro atteggiamento e promuovano il proselitismo door to door, il situazionismo estremo, organizzando viaggi-vacanze sotto i palazzi comunali, provinciali, regionali e nazionali. Organizzate gruppi di autoriparazione, inscenate performance teatrali nelle strade, scrivete comunicati, producete manifesti, regalate una camera d'aria o una vecchia bici al futuro ciclista. Rendete la vostra mobilità a prova di foratura e intanto studiate le leggi esistenti, il Codice della strada e quello che si fa da decenni in altri Paesi. Troppo spesso, infatti, il ciclo attivista scopre l’acqua calda, cose che magari altri hanno fatto già vent’anni prima. Per questo è importante studiare. Solo in questo modo la vostra azione sarà più efficace.

Spostatevi su veicoli a pedali e rendetevi veicoli del cambiamento!
La città è ciclabile per quanto la gente ci pedala: questa è democrazia diretta.

L'invito è quello di usare la meravigliosa città di Roma per quello che è: un libro aperto da leggere, studiare e consultare, ma anche un quaderno su cui ciascuno possa scrivere la propria storia. Questa città ha cancellato le aspirazioni individuali, la mobilità dei più deboli (disabili, pedoni, ciclisti). Dobbiamo riprenderci quello che la furia delle macchine e le ragioni brutali dell'economia capitalistica ci hanno tolto. L'invito è di andare costantemente alla deriva per le strade, quando si va al lavoro o a scuola oppure a cercare lavoro, quando ci si muove per svago, privi di mète precise, tessendo una trama psicogeografica da percorrere insieme o da soli alla ricerca di qualche temporanea illuminazione o per una riscoperta della città.

Non è pericoloso pedalare. è pericoloso il conformismo di chi pensa che non ci sia una via d'uscita! 

Le zone 30 si creano istantaneamente, pedalando. Oppure qualcuno le organizza, se vuole. Bussate alla porta del Municipio, del Comune, chiedete loro di fare quel che si sta facendo in tutto il mondo. Una fioriera, un dosso possono fare la differenza. Esigete il controsenso solo per le biciclette, è universalmente accettato.

Una città si cambia percorrendola, conoscendola, reclamandola, senza aspettare che qualcun altro faccia il lavoro al posto nostro.

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