«Non era facile cominciare a vivere in quelle condizioni.
Non avevo soldi e non avevo lavoro e mio padre aveva pochi soldi anche
lui. La mia testa era stata consumata dai continui, indispensabili
pensieri dedicati alla sopravvivenza. Del passato mi era rimasta
soltanto una bicicletta da corsa che mi ero costruito mettendo insieme
pezzi di altre biciclette; i migliori pezzi che si trovavano sul
mercato, compreso il telaio fatto su misura e smaltato di nero e
naturalmente senza marca. Il manubrio – da corsa – era di alluminio e il
nastro adesivo di tela per le mani era bianco gesso. Tutta la
bicicletta alla fine era colore argento per l’alluminio e l’acciaio;
nero il telaio e la sella; bianco gesso il manubrio.
Forse il primo “design” che ho fatto.
Argento, nero e bianco, mi sembrava molto elegante. Erano i colori di un
libro non grande, quadrato, che avevo in casa da ragazzo, un libro
Jugendstil, La storia dei Nibelunghi illustrata.
Tutte le pagine di carta pesante erano stampate con colori opachi, forse
in serigrafia: nero e rosso cinabro o nero e blu oltremare o nero e
bianco o nero e argento.
Con la bicicletta argento nero e bianco andavo a trovare Lina a quaranta
chilometri da Torino, quando lei passava l’estate con la famiglia in
una casa di campagna su una collina. Anche se cercavo di andare piu’ in
fretta che potevo venivo sempre lasciato indietro da giovani operai che
si allenavano per qualche gara. Ma non soffrivo».
Ettore Sottsass, Scritto di Notte, Adelphi, Milano, 2010
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