REPORT CULTURA – ADOC
Gli italiani dedicano alla cultura
solo una settimana l’anno, investendo il 2% del proprio reddito, in media 359
euro. I costi per la cultura in linea con media europea, solo libri (+4%) e
dvd/blu-ray (+5,3%) costano di più, ma i bassi redditi condizionano l’accesso
alla cultura
Roma, 11 aprile 2014 – Secondo
un’inchiesta dell’Adoc gli italiani investono mediamente il 2% del proprio
reddito annuo, pari a 359 euro, nella cultura, considerando le voci di cinema,
musei, teatro, acquisto di libri/ebook e dvd/blu-ray. In termini economici viene
dedicata alla cultura solo una settimana l’anno, nonostante i costi siano in
linea con la media europea per la quasi totalità delle voci.
“La scarsa propensione alle attività
culturali degli italiani ha nella bassa capacità reddituale una delle sue cause
principali – dichiara Lamberto Santini, Presidente dell’Adoc – analizzando il
lato economico, l’impatto che ha la spesa per la cultura sul reddito annuo è
pari al 2%, contro l’1,4% della media europea, in quanto, a parità di costi, i
redditi italiani sono mediamente inferiori a quelli europei. Secondo nostre
stime in media in un anno ogni consumatore italiano acquista 11 biglietti del
cinema, 2 per teatro e musei, 2 libri, 2 ebook e 6 dvd/blu-ray. Spendendo circa
359 euro, pari come detto al 2% del reddito annuo. Presupponendo una parità di
acquisti, in Germania si spende l’8,3% in meno, in Spagna il 13,7% in meno,
mentre in Francia (+1,8%), Olanda (+2,9%) e Gran Bretagna (+18,2%) si spende di
più. Ma l’impatto sul reddito è diverso: in Germania la spesa porta via l’1,1%
del reddito annuo, in Francia, Spagna e Gran Bretagna l’1,4%, in Olanda l’1,6%.
I costi per le singole voci invece sono simili, solo la spesa per l’acquisto di
libri e dvd/blu-ray è maggiore della media europea. Per i primi in Italia si
spende il 4% in più, per i secondi la differenza di spesa sale al 5,3%. Per
cinema, teatri e ebook la spesa è identica, per i musei la spesa è addirittura
minore del 4%. L’insufficiente capacità reddituale limita di molto la
propensione alla cultura, considerando che per le spese di casa (affitto/mutuo e
bollette), trasporti (pubblici e/o privati) e alimentari, beni e servizi primari
e irrinunciabili, si spende il 72% del reddito disponibile, il 22% in più della
media europea. In queste condizioni è molto complicato, se non impossibile,
pensare di dedicare maggiori risorse agli svaghi culturali. Come Adoc riteniamo
che l’accesso alla cultura sia primario per un Paese come il nostro, l’industria
culturale può e deve diventare strategica per il rilancio e il benessere
dell’intero sistema economico, ma devono essere realizzati interventi sia sul
reddito che sulla qualità dell’offerta. La limitatezza o, in certi casi,
l’assenza di servizi accessori nei musei e nelle mostre, costituiscono un
ostacolo all’acquisto o alla visita. Abbiamo registrato, in questo senso, una
grave carenza di servizi per i bambini, quali nursery e baby parking, che sono
praticamente assenti come non sono presenti offerte agevolate per famiglie con
bambini piccoli. Al contrario, in Spagna e in Inghilterra sono previsti
biglietti ridotti o gratuiti per le famiglie numerose, così come per i bambini
di età inferiore ai 5 anni. Inoltre, i disoccupati o in cerca di lavoro e gli
studenti spesso entrano gratuitamente all’estero. In un momento di crisi come
questo, dove i soldi a disposizione per la cultura scarseggiano, sarebbe
opportuno prevedere forme di agevolazione e servizi alle famiglie più ingenti e
concreti. Dobbiamo evidenziare, inoltre, la progressiva diminuzione di mezzi e
professionalità che si è verificata nel corso degli ultimi anni. In ultimo, va
affrontato il discorso infrastrutture: molti siti archeologici e storici sono
difficilmente accessibili, soprattutto al Sud; spesso non ci sono collegamenti
con i centri urbani o sono risicati. Sono tutti fattori che pesano enormemente
sull’accesso alla cultura, a cui deve essere posto rimedio”.
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