venerdì 21 marzo 2014

Comunicato Chiarelettere

Il sistema trasversale che nasconde la verità degli abusi e minaccia la democrazia
IL PARTITO DELLA POLIZIA
di Marco Preve

Presentazione a Roma martedì 25 marzo ore 18.00 con l’autore intervengono:
Filippo Bertolami, Vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, Dirigente sindacale ANIP e Ferruccio Sansa (Il Fatto quotidiano)
Libreria Ibs, via Nazionale 254, 255


Chiarelettere, Collana Principio Attivo, pp. 288, euro 13,90
Scheda libro: http://bit.ly/PWSuFV

PRETESTI
“Speriamo che muoiano tutti. Tanto uno già... 1-0 per noi.”
La polizia dei De Gennaro, Manganelli, Gratteri e Caldarozzi non ha mai ritenuto di dover scoprire, per punirla, il nome della poliziotta del 113 che così si espresse dopo la morte di Carlo Giuliani, luglio 2001.

“Lo si teneva fermo, venivano legate le gambe e poi cominciavano a iniettare dell’acqua e sale con un imbuto.”
Salvatore Genova, commissario in pensione, racconta, trent’anni dopo, le torture ai brigatisti a cui assistette nel 1982.

“Segatto lo colpiva alle gambe con il manganello, Pontani e Forlani lo tenevano schiacciato a terra mentre Pollastri lo continuava a percuotere.”
La Cassazione ricostruisce l’uccisione di Federico Aldrovandi a opera di quattro poliziotti nel 2005.

“Non possiamo accettare di credere che questa istituzione non possa offrire schiere di funzionari capaci e onesti, in grado di rimpiazzare gli insostituibili.”
Enrico Zucca, pm al processo Diaz di Genova.

“Qualcosa potrebbe cambiare se ci fosse una presa di coscienza più forte all’interno della polizia di Stato,
improbabile se non preceduta da un vero rinnovo della classe dirigente, che stimoli i più indignati a prendere coraggio.”
Filippo Bertolami, vicequestore e sindacalista di polizia.

“La polizia che gestisce appalti milionari lo fa con deroghe selvagge alle procedure, produce anomalie che a loro volta generano ‘reiterate violazioni’ delle regole imposte dal Codice dei contratti pubblici.”
Relazione della Commissione ministeriale a cura del prefetto Bruno Frattasi.

“L’interesse della politica – tutta la politica, senza distinzioni – ad avere rapporti diretti e privilegiati con i vertici della polizia, ma nella quotidianità anche con la base, è un (mal)costume che esiste da sempre.”
Francesco Carrer, criminologo, consulente di forze dell’ordine, organismi ed enti locali in tema di sicurezza.

“Non c’è la consapevolezza di una patologia. Qui in Italia si vogliono salvare le persone. È un sistema di potere per cui ogni uomo deve rimanere al suo posto.
Chi li tocca è un eversore... anche al stampa ci mette del suo.”
Enrico Zucca, pm al processo Diaz di Genova

SCHEDA
Imputati. Condannati. Premiati. Nessun abuso può essere commesso contro cittadini inermi. Se non è così, i responsabili devono saltare. In Italia ciò non è avvenuto. E continua a non avvenire, dai tempi delle torture alle Br fino alle morti di Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri: la polizia non garantisce la sicurezza, la politica non sorveglia, la stampa non sempre denuncia, la magistratura non sempre indaga. Perché questa anomalia? Come rivela Filippo Bertolami, poliziotto e sindacalista, “negli ultimi anni si è assistito al paradosso di un sistema capace da un lato di coprire e premiare i colpevoli di violenze e insabbiamenti, dall’altro di punire chi ha ‘osato’ mettersi di traverso”.
Vince la paura. Il partito della polizia è troppo forte. troppe protezioni politiche a destra e a sinistra. Da Berlusconi a Prodi, Violante, Renzi. De Gennaro, ora presidente di Finmeccanica, e i suoi collaboratori non si toccano. Troppe onorificenze. Troppe amicizie. Anche tra i media. Intanto le auto rimangono senza benzina e gli agenti continuano ad avere stipendi da fame mentre vengono assegnati appalti miliardari. Il partito della polizia è anche il partito degli affari. “Se non c’è una cultura del diritto in chi orienta il pensiero collettivo – sostiene il criminologo Francesco Carrer – mi chiedo come possa nascere in un corpo di polizia i cui vertici sono più attenti ai desiderata dei politici che alle esigenze di chi è in prima linea.”

Marco Preve, giornalista, è nato nel 1963 a Torino. Cresciuto a Savona, vive a Genova dove è cronista di giudiziaria, ma non solo, della redazione locale de “la Repubblica”. Ha seguito le indagini sul serial killer Donato Bilancia, il giallo della contessa Agusta, le principali inchieste in tema di corruzione e soprattutto il G8 di Genova del 2001 e tutti i processi che ne sono seguiti. Collabora con “l’Espresso” e “Micro-Mega”. Ha un blog intitolato “Trenette e mattoni”, e ha scritto due libri, sempre con Chiarelettere: IL PARTITO DEL CEMENTO, nel 2008, con Ferruccio Sansa; LA COLATA, nel 2010, con Ferruccio Sansa, Andrea Garibaldi, Antonio Massari e Giuseppe Salvaggiulo.

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