giovedì 12 settembre 2013

Seamus Heaney, Wheels within Wheels

Con questa traduzione, vorrei rendere omaggio al grande poeta irlandese, premio Nobel per la letteratura nel 1995, da poco scomparso. Penso che la poesia non sia traducibile, per questo l'ho tradotta. Ho ancora qualche dubbio, ma potete sempre fare affidamento sull'originale. La poesia descrive la gioia del giocare con la bici da bambini, un'esperienza che molti conoscono e troppi, sfortunatamente, hanno dimenticato.

Wheels within Wheels

by Seamus Heaney (13 aprile 1939 – 30 agosto 2013)
 
The first real grip I ever got on things
Was when I learned the art of pedaling
(By hand) a bike turned upside down, and drove
Its back wheel preternaturally fast.
I loved the disappearance of the spokes,
The way the space between the hub and rim
Hummed with transparency. If you threw
A potato into it, the hooped air
Spun mush and drizzle back into your face;
If you touched it with a straw, the straw frittered.
Something about the way those pedal treads
Worked very palpably at first against you
And then began to sweep your hand ahead
Into a new momentum—that all entered me
Like an access of free power, as if belief
Caught up and spun the objects of belief
In an orbit coterminous with longing.

II
But enough was not enough. Who ever saw
The limit in the given anyhow?
In fields beyond our house there was a well
(‘The well' we called it. It was more a hole
With water in it, with small hawthorn trees
On one side, and a muddy, dungy ooze
On the other, all tramped through by cattle).
I loved that too. I loved the turbid smell,
The sump-life of the place like old chain oil.
And there, next thing, I brought my bicycle.
I stood its saddle and its handlebars
Into the soft bottom, I touched the tyres
To the water's surface, then turned the pedals
Until like a mill-wheel pouring at the treadles
(But here reversed and lashing a mare's tail)
The world-refreshing and immersed back wheel
Spun lace and dirt-suds there before my eyes
And showered me in my own regenerate clays.
For weeks I made a nimbus of old glit.
Then the hub jammed, rims rusted, the chain snapped.

III
Nothing rose to the occasion after that
Until, in a circus ring, drumrolled and spotlit,
Cowgirls wheeled in, each one immaculate
At the still centre of a lariat.
Pepetuum mobile. Sheer pirouette.
Tumblers. Jongleurs. Ring-a-rosies. Stet!


Ruote dentro ruote (traduzione di Luca Conti, 12 settembre 2013)

I
La prima vera comprensione delle cose
la ebbi quando imparai l’arte del pedalare
(a mano) una bicicletta rovesciata, spingendo
la sua ruota posteriore
a velocità esagerata. Amavo
la sparizione dei raggi,
il modo in cui lo spazio tra cerchione e mozzo
mormorava con trasparenza.
Se ci tiravi dentro una patata,
l’aria accerchiata ti frullava in faccia
poltiglia e liquidi. Se invece
mettevi una pagliuzza, la pagliuzza
si disfaceva. Il modo in cui il pedale
prima faceva resistenza
e poi invece ti trascinava avanti
la mano fino a darle un nuovo impulso -
tutto ciò entrava in me come
un accesso di libera forza,
come se il credere
catturasse gli oggetti del credere,
facendoli ruotare in un’orbita
coincidente con il desiderio.

II
Ma non era mai abbastanza. Chi mai ha visto
il limite in ogni caso?
Nei campi oltre casa nostra
c’era un pozzo (lo chiamavamo “il pozzo”.
Era piuttosto un buco con dell’acqua dentro,
piccoli biancospini da una parte,
dall’altra melma che sapeva di sterco,
il tutto calpestato dal bestiame).
Mi piaceva anche quello. Mi piaceva
l’odore torbido, quel senso
di fango fermentato e grasso vecchio.
Fu lì che mi portai la bicicletta.
Piantai sella e manubrio
nel fondo molle, feci toccare
le ruote sul pelo dell’acqua,
e poi girai i pedali fino a quando, come
una ruota di mulino che riversava l’acqua dai pedali
(ma al rovescio e sferzando un equiseto),
la ruota posteriore sommersa rinfrescò il mondo,
filò il merletto e le bolle d'acqua sporca davanti ai miei occhi,
e mi fece la doccia, mi bagnò il corpo rigenerato.
Per settimane feci una nuvola brillante.
Poi il mozzo si bloccò, i cerchioni
s'arrugginirono, la catena si ruppe.

III
Nulla fu più all’altezza dopo questo,
finché un circo, con tamburi e fari,
entrarono volteggiando delle cowgirls,
ciascuna immacolata nell’immoto centro
di un lazo. Perpetuum mobile. Pura piroetta.
Acrobati. Giullari. Girotondi. Vive!

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