A Roma, la Città della Scienza si farà non più all'Ostiense, ma al Flaminio. I Ponti della Scienza e della Musica si scambieranno i nomi. Intanto si attende da 38 anni la destinazione dell'ex Mattatoio. E poi la Città del giovani, annunciata da Veltroni. E il destino dell'area dell'ex Fiera di Roma. Quando si dice pianificare... Per analogia: sulla ciclabilità seria, secondo voi, quanto bisognerà attendere?
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Cittadelle e ponti sbagliati
Romani in attesa da inizio millennio
Fonte e articolo completo: Corriere della Sera, 14 gennaio 2014, p. 1
di GIUSEPPE PULLARA
Contrordine, compagni. La Città della Scienza non si fa più all’Ostiense ma al Flaminio, il Ponte della Scienza (che collega Marconi e Ostiense) e il Ponte della Musica (in zona Foro Italico) si scambiano il nome perché non può essere che da una parte c’è la Città e dall’altra il Ponte anche se è vero che via Cavour guarda il Colosseo e invece Piazza Cavour Castel S.Angelo. Roma è strana: mentre aspettiamo da ben 38 anni che l’«operazione ex Mattatoio», a Testaccio, faccia un passettino avanti per una conclusione verso il 2045, mentre attendiamo che sorga agli ex Mercati Generali dell’Ostiense la «Città dei Giovani», annunciata all’avvio del millennio da Veltroni, mentre siamo in attesa che si utilizzi finalmente l’area della ex Fiera di Roma sulla via Colombo e che la Nuvola dell’Eur prenda forma, mentre infine speriamo che non vadano sprecati i tanti milioni spesi per la Città dello Sport di Tor Vergata, il Campidoglio annuncia la nascita della Città della Scienza, davanti al Maxxi di via Guido Reni al Flaminio.
In tre anni la nuova struttura multifunzionale dovrebbe essere pronta, secondo le promesse del sindaco Marino.
Al posto di un’ex inutile caserma, un grande museo scientifico ma anche abitazioni, case sociali, negozi, biblioteca, ambulatorio. Non ci sarà la fantastica Géode, la sfera a specchio emblema della omologa Città della Scienza di Parigi sorta sui resti dell’ex mattatoio alla Villette. Ma non si può avere tutto. Del resto, i romani sono abituati ad accontentarsi. Per il momento, infatti, siamo tutti contenti che dal Comune parta un’operazione di rigenerazione urbana che va nel senso giusto: riutilizzare i vecchi edifici piuttosto che occupare nuove aree, tenere lo sguardo all’orizzonte, mirando al futuro di una città che sembra sempre più vocata a nutrirsi del suo illustre passato.
Ma sul segno positivo delle buone intenzioni pesa purtroppo l’esperienza. Quanti annunci sono stati fatti? A tre anni dalla chiusura dell’«Abattoir» parigino già c’era un progetto organico e dopo nove anni Mitterrand ha tagliato il nastro della Cité. A parte il caso deprimente del Mattatoio, monumento all’incapacità di fare (meglio evitare il paragone col Matadero di Madrid), tutte le previsioni sui tempi di realizzazione di grandi interventi urbani sono saltate, sempre. A proposito del metro C, chiudiamo gli occhi e pensiamo ad altro. Il Sistema Roma sembra incapace di mantenere qualsiasi promessa.
E quando la Città della Scienza sarà pronta, come portarvi gli studenti, le famiglie, i turisti? La Città della Musica, nei pressi, è servita, col Maxxi, da un anemico tram 2, il cui numero dà l’idea di quanto possa risolvere il problema del collegamento di un polo culturale al resto della città. Possibile che non si pensi fin d’ora a creare efficienti innesti nella rete urbana della mobilità, ad adeguati parcheggi? Le navette notturne che servono l’Auditorium sembrano viatici per il Nulla. Ecco: i romani hanno la musica ma manca il resto. Siamo abituati ad accontentarci, e ce la caveremo anche con le scienze. Provando e riprovando, prima del 2026 forse si troverà una soluzione.
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