Comunicato Legambiente
Ridurre e riciclare prima di
tutto
Un nuovo sistema di penalità e premialità per un’Italia
rifiuti
free
Le proposte di Legambiente
L’Italia continua a smaltire
troppi rifiuti in discarica. Secondo il Rapporto rifiuti di Ispra, nel 2012 è
finito sotto terra il 39% dei rifiuti urbani: 11,7 milioni di tonnellate ovvero
196 kg
per abitante in un anno. Erano attive 186 discariche, nonostante la normativa
europea, da più di vent’anni, preveda che questa diventi un’opzione residuale
dopo prevenzione, riciclaggio e recupero. Una gestione che rischia di costare
moltissimo al paese se non si interverrà in tempi rapidi. La Commissione europea
ha infatti avviato diverse procedure d’infrazione sulle discariche e se l’Italia
non intraprenderà le bonifica spenderà in multe più di quanto spenderebbe per
concludere le operazioni di risanamento ambientale delle aree in cui insistono
gli impianti.
Che cosa si può fare, allora, per
invertire la rotta e ridurre finalmente il conferimento in discarica? E’ la
domanda che si pone Legambiente nel dossier presentato questa mattina a Roma in
occasione del convegno Ridurre e
riciclare prima di tutto. Un’indagine sui costi dello smaltimento in
discarica e sull’utilizzo da parte delle Regioni italiane dell’ecotassa (il
tributo speciale per lo smaltimento in questo tipo di impianto) che mette in
evidenza in una parte non trascurabile del Paese il basso costo dello
smaltimento dei rifiuti e il mancato adeguamento alla normativa italiana ed
europea. Ma l’associazione ambientalista avanza anche un’articolata proposta per
affrontare la sfida di una diversa gestione dei rifiuti, basata su prevenzione e
riciclo. Una sfida che 1.293 Comuni italiani hanno già raggiunto, superando
l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio
stabilito dalla legge.
Serve, secondo Legambiente, un
nuovo sistema di incentivi e disincentivi per fare in modo che prevenzione e
riciclo risultino più convenienti, anche economicamente, rispetto al recupero
energetico e allo smaltimento in discarica. Come? Tartassando lo smaltimento in
discarica, eliminando gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti,
incentivando il riciclaggio perché diventi più conveniente del recupero
energetico, promuovendo serie politiche di prevenzione con il principio “chi
inquina paga”.
Tornando al quadro nazionale, nel
2012 la metà delle regioni italiane smaltiva in discarica più del 50% dei
rifiuti urbani. Le regioni peggiori sono risultate la Sicilia (83% dei rifiuti
urbani smaltiti in discarica, 404 kg per abitante), Calabria (81%,
356 kg/ab) e Liguria (66%, 388 kg/ab). Il record per quantitativi smaltiti sotto
terra in valore assoluto spetta al Lazio (2,1 milioni di tonnellate di rifiuti
urbani), seguito dalla Sicilia (2 milioni di tonnellate) e dalla Puglia (1,2
milioni di tonnellate).
Delle 186 discariche attive nel
2012, 79 erano al Nord, 66 al Centro e 41 al Sud. La regione col maggior numero
di impianti è l’Emilia Romagna (18), seguita da Piemonte (16), Sicilia, Toscana
e Trentino Alto Adige (14).
Il problema principale sta nel
basso costo di smaltimento dei rifiuti in discarica in diversi territori: ad
esempio in Puglia il costo medio è di 50 euro per tonnellata, mentre nel Lazio
si va dai 40 ai 70 euro/t. Quando i costi sono alti, diventa più conveniente
sviluppare la differenziata e il riciclaggio, come dimostrano le regioni più
all’avanguardia su questo fronte: è il caso del Veneto (differenziata pari al
63%) dove il costo della discarica arriva fino a 150 euro/t o del Trentino
(differenziata pari al 62%) con i suoi 119 euro/t.
Per penalizzare economicamente
l’interramento dei rifiuti e rendere residuale questa opzione nel ciclo
integrato, il Parlamento italiano nel 1995 ha varato una norma che
all’interno della legge 549/95 istituisce il tributo speciale per lo smaltimento
in discarica (la cosiddetta ecotassa regionale). Questo strumento è stato
raramente utilizzato al meglio ma quando è stato sfruttato in tutte le sue
potenzialità i risultati sono stati straordinari. È il caso per alcuni versi
della Sardegna ma soprattutto delle Marche che negli ultimi anni hanno
utilizzato l’ecotassa per premiare economicamente i Comuni più virtuosi,
penalizzando invece quelli che non lo sono stati.
“La strada per uscire
dall’emergenza non è in discesa ma se c’è la volontà politica si può fare anche
in tempi brevi - ha spiegato Stefano
Ciafani, vice presidente di Legambiente, nell’illustrare il dossier
dell’associazione -. Sull’attività delle discariche pretendiamo il rispetto
della direttiva europea e l’uso della leva economica, modificando in Parlamento
l’ormai superata legge sull’ecotassa del 1995, per aumentare i costi dello
smaltimento, diffondere le raccolte differenziate domiciliari secco-umido e
sostenere il riciclo. Si deve approvare una nuova legge anche per bloccare gli
incentivi per il recupero energetico, incentivare il riciclaggio e non solo le
raccolte differenziate, puntando molto sugli acquisti verdi, ma serve anche
completare la rete di impianti per il trattamento dell’organico, ancora carente
soprattutto nel centro sud, puntando con decisione sulla digestione anaerobica.
Si deve cambiare rotta anche sulla produzione dei rifiuti, utilizzando la leva
economica. Chi produce più rifiuti deve pagare di più: questo deve valere per le
aziende ma anche per i nuclei familiari. Ci auguriamo fortemente che il Governo
e il Parlamento scelgano questa strada con il nuovo tributo sui rifiuti - l’ex
Tares, ora Tari - ancora in fase di definizione”.
La proposta di Legambiente per un
nuovo sistema di incentivi e disincentivi per il ciclo integrato dei rifiuti si
articola in quattro punti.
1. Tartassare lo
smaltimento in discarica
Per disincentivare l’uso in
discarica il rispetto della direttiva europea non basta, serve utilizzare la
leva economica per imporre un aumento dei costi di conferimento. Tutte le
Regioni italiane devono fissare a 25 euro per tonnellata l’entità del tributo
regionale per i rifiuti che vengono smaltiti in discarica dopo il
pretrattamento. Partendo da questa cifra, le Regioni devono però modulare il
pagamento del tributo speciale per lo smaltimento in discarica in base a un
criterio di premialità/penalità, basato sull’entità del superamento degli
obiettivi di legge sulla percentuale di raccolta differenziata finalizzata al
riciclaggio. Maggiore sarà il superamento, maggiore sarà lo sconto sull’ecotassa
praticato ai Comuni virtuosi.
Il Parlamento deve invece
trasformare il tetto massimo di 25 euro per tonnellata previsto per l’ecotassa
sulla discarica dalla legge del 1995 in una soglia minima e i soldi
vanno utilizzati interamente per sostenere progetti di differenziata,
riciclaggio e prevenzione.
2. Eliminare gli
incentivi per il recupero energetico dai rifiuti
Negli ultimi 20 anni la
combustione dei rifiuti è stata ampiamente incentivata rispetto ad altre forme
di gestione dei rifiuti. Nonostante l’Europa indicasse di perseguire la
prevenzione dei rifiuti e il riciclaggio prima del recupero energetico, queste
due opzioni non hanno mai avuto lo stesso trattamento di favore riservato alla
combustione dei rifiuti. Si deve approvare una norma che blocchi l’erogazione
degli incentivi per eventuali nuovi inceneritori, per la combustione dei rifiuti
(css) nei cementifici e nelle centrali a carbone, salvaguardando solo quelli per
la produzione di biogas dai rifiuti organici differenziati. Andrebbe promossa
anche l’uscita degli inceneritori già attivi dai benefici dell’incentivo CIP6,
come fatto la scorsa estate con alcune centrali che utilizzavano ad esempio il gas dalla raffinazione del
petrolio.
3. Incentivare il
riciclaggio perché diventi più conveniente del recupero
energetico
È fondamentale passare più in
generale dalla logica degli incentivi solo per le raccolte differenziate a
quelli anche per il riciclaggio. Si deve prevedere innanzitutto un regime di IVA
agevolata (ad esempio al 10%) per i prodotti o manufatti realizzati con una
percentuale minima di materiale riciclato.
Ma è importante anche rendere obbligatori i cosiddetti “criteri
ambientali minimi” negli appalti pubblici per promuovere gli acquisti verdi
dalla filiera industriale del riciclaggio.
4. Promuovere serie
politiche di prevenzione con il principio “chi inquina
paga”
L’adozione recente del Programma nazionale di
prevenzione da parte del ministero dell’Ambiente è stata per molti versi
un’occasione mancata: si delineano scenari ipotizzati, si chiede alle Regioni di
attuare politiche di riduzione e non si prevedono ad esempio né finanziamenti
per progetti per la concretizzazione delle politiche di prevenzione né sanzioni
per chi non le attua. Per prevenire la produzione dei rifiuti, l’unico criterio
da adottare è quello previsto dal principio europeo “chi inquina paga”. Il
ministero dell’Economia e quello dell’Ambiente devono rivedere il nuovo tributo
sui rifiuti (la Tari, ex Tares), calcolandolo solo - come già avviene
efficacemente in centinaia di Comuni - sulla effettiva produzione di rifiuti
indifferenziati (determinabile secondo peso, volume o numero dei prelievi dei
sacchi o bidoni), permettendo alle utenze più virtuose di pagare meno,
sganciandolo dalla quota relativa ai cosiddetti servizi indivisibili e
garantendo la copertura totale dei costi del servizio.
“Per aumentare il costo di conferimento della discarica
facendo leva sull’ecotassa – ha concluso Ciafani - è fondamentale però che il
Parlamento corregga l’errore fatto dal ministero dell’Ambiente nell’intenzione
di prorogare i termini entro cui raggiungere gli obiettivi di differenziata come
previsto dal ddl collegato ambientale alla legge di stabilità approvato dal
consiglio dei ministri lo scorso venerdì. Questo avrebbe come conseguenza una
sorta di condono per le multe sullo smaltimento in discarica che premierebbe
solo chi non ha rispettato fino ad oggi gli obiettivi di legge sulla
differenziata”.
Secondo questo ddl infatti il raggiungimento
dell’obiettivo del 35% di differenziata viene spostato a fine 2014, il 45% a
fine 2016 e il 65% a fine 2020: questo farà sì che le multe sull’ecotassa non si
pagheranno fino a tutto il 2014 e dal 2015 le pagheranno solo i Comuni che non
avranno raggiunto nell’anno precedente solo il 35% di raccolta differenziata. E
le multe che dovrebbero pagare quest’anno i Comuni non virtuosi per non aver
raggiunto lo scorso anno il 65% di differenziata si pagheranno addirittura nel
2021. Una vera beffa per i Comuni virtuosi che hanno già raggiunto questo
obiettivo lo scorso anno come previsto dal d.lgs. 152/2006.
Vale la pena sottolineare infine che il ddl collegato
ambientale alla legge di stabilità prevede che gli incentivi per gli acquisti
verdi arriveranno dal pagamento delle multe sull’ecotassa, che però si
pagherebbero solo a partire dal 2015, e questo rende ancor più grave il danno
procurato dalle potenziali proroghe sugli obiettivi di raccolta
differenziata.