Comunicato Greenpeace
GREENPEACE: LE “COZZE DI PIATTAFORMA” FINISCONO NEI NOSTRI PIATTI,
CHE GARANZIE ABBIAMO CHE NON SIANO CONTAMINATE?
ROMA, 10.03.16 – Greenpeace pubblica i dati – prodotti da ISPRA su committenza di ENI – sulla contaminazione ambientale in campioni di cozze raccolti intorno a piattaforme offshore localizzate in Adriatico e di proprietà della stessa ENI: contengono metalli pesanti e idrocarburi. Una parte delle cozze vendute in Italia viene raccolta sui piloni di piattaforme offshore e per questo Greenpeace chiede all’ARPA Emilia Romagna quali garanzie esistano sull’assenza di contaminazione nelle cozze “da piattaforma” immesse in commercio.
I dati raccolti da
ISPRA per conto di ENI documentano la presenza di sostanze pericolose nelle
cozze raccolte su 19 piattaforme operanti lungo le coste romagnole: metalli
pesanti (mercurio, cadmio, piombo e arsenico), benzene e altri idrocarburi
policiclici aromatici.
All’allarmante
quadro ambientale, descritto nel rapporto “Trivelle fuorilegge” di Greenpeace,
si aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione perché, in base a quanto si
evince dal sito di ENI (https://www.eniday.com/it/sulle-scogliere-di-ferro-2), da più di vent’anni
le cozze presenti sulle piattaforme vengono regolarmente raccolte da alcune
cooperative romagnole di pescatori e successivamente commercializzate. Queste
cozze coprirebbero il 5 per cento della produzione annuale della Regione Emilia
Romagna. Solo nel 2014 sarebbero stati immessi sul mercato italiano 7 mila
quintali di cozze “da piattaforma”.
Greenpeace non
possiede dati sulle produzioni di cozze riferibili alle singole piattaforme.
Tuttavia, l’area dove sono situati gli impianti che ENI indica come sede di
prelievo commerciale di mitili si sovrappone a quella dove operano alcune delle
piattaforme oggetto del rapporto di Greenpeace.
«Molte delle
sostanze rinvenute da ISPRA nelle cozze raccolte presso le piattaforme di ENI
sono note per essere cancerogene», afferma Giuseppe Ungherese, responsabile
della campagna Inquinamento di Greenpeace. «Sostanze come il cadmio e il
benzene sono inserite nel gruppo 1 dello IARC (l’Agenzia internazionale per la
ricerca sul cancro delle Nazioni Unite), ovvero tra le sostanze il cui effetto
cancerogeno sull’uomo è certo».
D’altra parte, ENI
dichiara che “a salvaguardia di quest’area marina [quella in cui sono raccolte
le cozze] vengono effettuati monitoraggi periodici da parte delle Capitanerie
di Porto, delle ARPA competenti, di ISPRA e CNR-ISMAR”. Greenpeace ha quindi
chiesto all’ARPA Emilia Romagna informazioni sui dati dei monitoraggi delle
cozze raccolte presso le piattaforme. È urgente avere conferma che le cozze che
finiscono nei piatti degli italiani non siano gravemente contaminate come
quelle degli studi presentati da ENI al Ministero dell’Ambiente.
«Chiediamo un
rapido intervento delle autorità competenti affinché sia garantita trasparenza.
E, se necessario, chiediamo che si attuino tutte le misure necessarie per
tutelare la salute e la sicurezza alimentare dei consumatori italiani»,
dichiara Ungherese.
Come minimo, se
esistono dati che garantiscono i consumatori sulla sicurezza delle cozze
raccolte e vendute in Emilia Romagna, essi non coincidono con i preoccupanti
risultati dei monitoraggi che ISPRA ha condotto per conto di ENI. Greenpeace
ritiene che su questi temi sia necessaria la massima attenzione dell’opinione
pubblica e delle autorità, ancor più alla vigilia di un referendum sul quale
sembra essere calato un preoccupante silenzio.
«Molti tra quanti
vorrebbero garantire lunghissima vita alle trivelle nei nostri mari affermano
che è tutto a posto, perché entro le 12 miglia si estrae soprattutto gas, una
fonte molto meno inquinante del petrolio. Eccoli smentiti: i dati di ENI
confermano che le piattaforme a gas inquinano, eccome. E da quanto apprendiamo,
questi inquinanti rischiano di finire sulle nostre tavole, nei nostri piatti.
Un motivo in più per fermare le trivelle votando Sì al referendum del 17
aprile», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima
di Greenpeace.
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