lunedì 29 febbraio 2016

Il Letatlin, la bici aerea

Il Letatlin venne costruito nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche da Vladimir.Evgrafovich Tatlin (Влади́мир Евгра́фович Та́тлин, 1885-1953), fra il 1929 e il 1933.


L'artefatto era ispirato dalla passione dell'artista per il volo, gli uccelli e gli insetti, all'interno di una concezione di una società guidata collettivamente, secondo principi egualitari, in cui l'arte aveva lo scopo di servire il popolo - e al popolo - anche attraverso una serie di esperienze liberatorie e mistiche totali. 


Влади́мир Евгра́фович Та́тлин
In questo caso, l'oggetto dell'emancipazione era una macchina che avrebbe dovuto liberare l'uomo dalla schiavitù dell'attrazione gravitazionale, permettendogli viaggi volanti in base alla sua sola forza muscolare. Il Letatlin era infatti una macchina a pedali formata da una sottile struttura in legno ricoperta di seta. Il termine fu inventato dall'artista, mettendo insieme il verbo volare, in russo "letat", e il suo cognome.



Ornitottero, si denomina questo genere di mezzo volante. Solo che il Letatlin non volò mai. Tatlin ne costruì diversi esemplari. 
Mi permetto in questo breve saggio di fare alcune ipotesi e lo affido al web come un messaggio nella bottiglia gettato tra le onde del mare. Ne approfitto per ringraziare l'amico Saverio Bragantini per la lettura del manoscritto e le acute osservazioni. 


Il Letatlin ricosrtruito da Jürgen Steger nel 1991
Lo slancio per "una nuova arte per un nuovo mondo" forse si stava attenuando, il volo della rivoluzione estetica e globale ... La notorietà pubblica di Tatlin, all'epoca della progettazione dell'opera volante, era dovuta principalmente al progetto del gigantesco Monumento alla Terza Internazionale, 1919-20, una torre che si sarebbe dovuta innalzare per circa 400 metri, realizzata in metallo e vetro, con una forma che, sommariamente, possiamo descrivere come a due spirali che corrono parallele, ma in modo piuttosto sghembo. Una specie di Torre di Babele di Pieter Brueghel il Vecchioma più ardita nelle sue irregolarità.



L'opera non fu mai realizzata, ci sono rimasti solo progetti e modellini. Un progetto molto, forse troppo ambizioso, per la Rivoluzione appena compiuta. Basti pensare che all'interno della struttura avrebbero dovuto trovarsi ben tre edifici ricoperti di vetro, ciascuno con una diversa velocità di rotazione: il primo, cubico, pensato per ruotare su se stesso nel giro di un anno; il secondo piramidale, a rotazione settimanale; e il terzo, cilindrico, con rotazione mensile.




Teniamo conto di questo progetto rivoluzionario non compiuto, di questo "assalto al cielo" irrealizzato, e dei contrasti crescenti con l'establishment istituzionale sovietico, quando andremo a esaminare il Letatlin.

Si dice che negli anni '20, Tatlin iniziasse a cercare nuove direzioni del volo umano. In realtà, la macchina che prese corpo era modellata su ornitotteri già noti, basti pensare a quelli di Leonardo da Vinci. Secondo l'artista, animato da una concezione mistica, la macchina avrebbe restituito all'uomo la capacità di volare, perduta all'inizio della sua evoluzione. In qualche modo è vero, dato che il percorso evolutivo dell'uomo a un certo punto si è separato da quello dei volatili. D'altra parte, il Letatlin era un'esplorazione ardita delle possibilità della scultura: un'opera mobile, da indossare. Con questa estetica, l'artista russo anticipò i 
Mobiles di Calder. Tecnologia, misticismo, utopia, si fondevano in un'unica realizzazione.

Tatlin realizzò diverse versioni della sua macchina, assemblando sughero, cavi metallici, fino a includere un osso di balena come asse portante. Sebbene i materiali impiegati fossero finalizzati a una complessiva leggerezza e funzionalità del mezzo, che aveva una sua logica, ossia almeno apparentemente avrebbe potuto volare, mi permetto di formulare un'ipotesi. Tatlin voleva davvero solcare i cieli, ma non viveva sugli alberi o in una caverna. Viveva in una delle nazioni tecnologicamente più avanzate del mondo. Non formulò queste idee nel 1910, mettiamo, ma sul finire degli anni Venti quando la ricerca e l'industria aeronautica sovietica conobbero un'impressionante accelerazione. Davvero credeva che la sua opera avrebbe fatto volare un uomo?  Eppure, Vladimir si applicò al progetto con logica scientifica, fece molti calcoli e dissezionò insetti per carpire i segreti biologici del volatili. Ma era un'artista, benché impregnato di costruttivismo, non un ingegnere. Per la sua idea si riconnesse con il mito di Icaro e avanzò anche critiche profetiche nei confronti dell'inquinamento prodotto dagli aeroplani. E qui gli amanti della bici e dei pedali non possono che avere un sussulto. L'artista intendeva costruire una "bici aerea" (ossia un 'cicloplano') che non inquinasse, già ben conscio della quantità di gas di scarico emessa dagli aeroplani.
 E si scagliò anche contro le forme dei mezzi volanti ideati dagli ingegneri, che, parole sue, "realizzano forme dure. Male. Con gli angoli. Si rompono facilmente. Il mondo è rotondo e morbido" (Cit. in Christina Lodder, Russian Constructivism, Yale U. P., 1983), p. 214.)  Il Letatlin nasceva quindi come tentativo ambizioso di fornire all'uomo una variante molto più semplice, ecologica, liberatoria e artistica dei normali velivoli a motore. Nasceva, allora, in una logica oppositiva a quella che si configurava come una normale modalità di trasporto. Il Letatlin, dunque, diveniva l'emblema della possibilità che oggetti apparentemente complessi possono essere ricondotti a materiali e principi costruttivi tutto sommato semplici e a forme più elementari, derivate da quelle organiche. Questo è lo stesso principio della bici rispetto all'auto intasata nel traffico, Tatlin aveva già capito dove si sarebbe andati a parare... (Qui c'è un link al catalogo della mostra di Tatlin del 1933. Mostra che, paradossalmente, costituirà la fine del progetto, non un suo ulteriore sviluppo). 
La realtà politica e il ruolo dell'arte all'interno del mondo sovietico stavano rapidamente cambiando. Dal 1930 al '33 - il periodo in cui si sviluppa il progetto del Letatlin - l'artista lavorò nel suo Laboratorio scientifico e sperimentale, all'interno del Narkompros. Tatlin fu aspramente criticato per la sua ricerca, considerata troppo solitaria, in opposizione allo spirito cooperativo del nuovo Realismo socialista. L'artista difese il suo progetto, in nome di un'artigianalità a misura d'uomo, contro i prodotti in serie. Incidentalmente, facciamo notare che nel febbraio del 1929 Lev Trotsky venne deportato in Turchia, dove rimase per quattro anni, ecc. ecc. per poi finire ammazzato nel 1940 da un emissario di Stalin. 
Dal '32 al '33, Tatlin mise a punto alcune varianti al progetto, con o senza pedali, che furono esposte al Museo Pushkin di Mosca. Negli anni Trenta c'è uno iato nella biografia del Nostro: ed è una fortuna, perché molti finirono lì la loro carriera, nel gulag o fucilati. Quel che è certo è che, dopo il 1933 la sua opera, come quella di tanti altri, viene screditata dal nuovo Realismo socialista, tendenza dominante, imposta dallo Stato. Nel 1932, infatti, un decreto di Stalin intitolato "Sulla ricostruzione delle organizzazioni letterarie e artistiche", metteva i sindacati degli artisti sotto il controllo del Partito Comunista. In questo modo, fu imposto lo scioglimento di tutti i gruppi d'avanguardia che si discostassero dalle direttive del Realismo. Due anni più tardi, Stalin definì ancora più rigidamente i connotati del Realismo socialista, unificando obiettivi estetici e ideologici, per un arte che fosse "socialista nel contenuto e realista nella forma". Non sorprende che le opere di Tatlin, a questo punto, fossero screditate, in quanto considerate troppo utopistiche e individualiste, secondo i nuovi canoni. Nel corso degli anni Trenta l'artista tornò all'arte figurativa, dedicandosi alla scenografia teatrale e al disegno industriale. Una fine certo meno brutta di altri suoi colleghi.  

Facciamo un passo indietro. Vorrei avanzare qualche ipotesi sul significato del collaudo pubblico del Letatlin, risalente al 1933. Dopo aver speculato e sperimentato per più di tre anni sul suo manufatto, Tatlin decise di mettere alla prova il suo velivolo: forse era autunno - anche se gli abiti dei convenuti nelle foto, un po' troppo estivi, tenderebbero ad escluderlo - forse il luogo prescelto era la cittadina di Zvenigorod, vicino Mosca. Guardiamo la scena. Ci sono indubbiamente simpatizzanti, collaboratori...



Le ali sono dispiegate; l'artista-scienziato, aiutato da alcuni assistenti, si preparò a volare, ad abbandonare questa terra avara e meschina, quasi una versione socialista del superuomo. 



La corsa a rotta di collo, immaginiamo, la pianura che si spalanca inutilmente davanti a un mezzo che, come una gallina, può fare al massimo qualche sobbalzo. L'esperimento fallisce. Eppure, Tatlin non era uno sprovveduto. Conosceva le possibilità del suo mezzo, ci lavorava da vari anni, aveva studiato insetti e uccelli, avrebbe potuto (e forse lo avrà fatto) condurre esperimenti evitandosi la presenza del pubblico. 

La mia domanda, a questo punto, è: l'artista era conscio che il Letatlin non poteva volare? La mia risposa è sì. La mia ipotesi è che Tatlin affrontò coscientemente il fallimento,  che al contempo fu il fallimento della sua idea costruttivista di arte nell'Unione Sovietica. Icaro fallì, volando troppo in alto e avvicinandosi troppo al Sole; Tatlin fallì rimanendo incollato al suolo e facendo di questo fallimento la sua performance finale. Nel nome di Majakovskij, morto suicida nel 1930, nel nome del gruppo dei costruttivisti e della brutta piega che il mondo dell'arte sovietica aveva preso nel 1932. Una ribellione contro le regole, la sovversione del decreto staliniano, attraverso un ulteriore assalto al cielo. Un secondo tentativo, dopo quello intrapreso con il progetto di monumento alla Terza Internazionale. Nessun commentatore finora ha colto l'analogia tra questi due work in progress, due fallimenti che hanno segnato invece profondamente, come "opere apertissime", i destini dell'arte novecentesca, più di molti altri capolavori indiscussi.  

"Io non mi piegherò mai, questa è la mia idea di arte, quest'arte che ora fallisce di fronte alla realtà, di fronte alla vostra, stupida realtà: voi, stupidi servi del sistema politico, a voi che avete un'idea meschina della rivoluzione, che con le vostre idee rischia di fallire". Forse il senso profondo dell'opera di Talin sta qui, in queste parole in cui provo a immaginare i suoi rabbiosi pensieri e in quel volo che fallisce, liberatorio, in cui l'artista ha dato tutto e in cui, contro tutti i pronostici avversi, prova a staccarsi da terra. 

Luca Conti, 28 febbraio 2016

(Per favore, citate la fonte, se utilizzate parti di questo articolo. Evitatevi figuracce: il web fornisce prove abbastanza evidenti di plagi e copia-incolla) 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.