TOKYO, 25.02.2016 –
Con l’avvicinarsi del quinto anniversario del disastro di Fukushima, Greenpeace
Giappone annuncia di aver avviato un’indagine sulla contaminazione radioattiva
delle acque dell’Oceano Pacifico causata della centrale nucleare di
Fukushima. L’analisi viene condotta da una nave di ricerca giapponese con un
dispositivo unico nel suo genere: si tratta di un ROV (Remotely Operated
Vehicle), equipaggiato con uno spettrometro in grado di rilevare la presenza di
raggi gamma e un dispositivo per la campionatura dei sedimenti.
L’ex primo ministro
giapponese Naoto Kan, in carica al tempo del disastro nucleare, si è unito
all’equipaggio della Rainbow Warrior, la nave ammiraglia di Greenpeace, e ha
lanciato un appello per l’abbandono totale dell’energia nucleare.
«Credevo che l’avanzata tecnologia giapponese potesse impedire il
verificarsi di un incidente nucleare come quello di Cernobyl. Ma è successo. E
mi sono trovato di fronte all’eventualità di dover evacuare circa 50 milioni di
persone, a rischio per l’incidente nucleare di Fukushima Daiichi. Da quel
momento, ho cambiato idea», dichiara Kan. «Non dobbiamo correre un rischio così
grande. Dovremmo invece muoverci verso energie rinnovabili più sicure e meno
costose, che rappresentano opportunità economiche per le future generazioni».
La TEPCO (Tokyo
Electric Power Company) ha prodotto finora più di 1,4 milioni di tonnellate di
acqua radioattiva per cercare di raffreddare le centinaia di tonnellate di
combustibile del reattore fuso nelle unità 1, 2 e 3 della centrale di Fukushima
Daiichi. Oltre all’iniziale rilascio di elementi radioattivi in acqua durante
le prime settimane dall’incidente e il continuo rilascio dalla centrale ogni
giorno, la contaminazione radioattiva è entrata anche nel terreno, in particolare
nelle foreste e nelle montagne di Fukushima, e continuerà a permanere
nell’Oceano Pacifico per almeno 300 anni.
«Il disastro di
Fukushima è stato il più grande episodio di rilascio di radioattività
nell’ambiente marino della storia. C’è un urgente bisogno di comprendere
l’impatto che questa contaminazione sta avendo sull’oceano, come la
radioattività vada diffondendosi e allo stesso tempo e riconcentrandosi lungo
la catena alimentare, e le relative implicazioni», afferma Giuseppe Onufrio,
direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
Le indagini di
Greenpeace proseguiranno per tutto il mese di marzo e si svolgeranno lungo le
coste della prefettura di Fukushima, in un raggio di 20 chilometri dalla
centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Il team sta collaborando con
scienziati provenienti dal laboratorio indipendente Chikurin-Sya di Tokyo e dal
francese ACRO. Questa indagine sulla radioattività è la venticinquesima ricerca
sugli impatti dell’incidente nucleare di Fukushima condotta dall’organizzazione
dal marzo 2011.
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