Notizia Aduc
Una 'migrazione', di città in città, o di Regione in Regione, per veder
riconosciuto il proprio diritto a interrompere la gravidanza poiché
molti ospedali non soddisfano la richiesta. E' quanto accade ogni anno a
migliaia di donne, secondo la denuncia che arriva dalla Laiga
(Associazione dei ginecologi favorevoli all'applicazione della 194) nel
corso dell'incontro 'Il buon medico non obietta' ospitato oggi presso la
Camera dei Deputati per fare il punto sull'applicazione reale della
legge sull'aborto. "Nel 2012 al Coordinamento per la 194 (che reperisce
un posto alle donne che non hanno trovato risposta alla domanda altrove)
erano arrivate 1550 pazienti: solo il 34% veniva da Roma, il resto da
fuori". A rivelare i dati, frutto di un'indagine condotta nel 2012
andando a verificare la situazione nelle strutture dalle quali
provenivano notizie di disservizio, è Silvana Agatone, ginecologa
dell'Ospedale Pertini di Roma e presidente della Laiga. "Ad Ascoli
Piceno, solo il 22% delle donne proveniva dalla città, le altre dal nord
delle Marche. A Caserta c'è una clinica convenzionata che effettua la
maggior parte delle interruzioni, ma solo il 34% proviene da lì, il
resto da Latina, Frosinone, Napoli". Nel reclamo portato dalla Laiga al
consiglio d'Europa, si prosegue con i dati della Puglia. "I medici
dell'Ospedale San Paolo di Bari, nel 2012 fecero obiezione in massa, per
cui le donne dovevano andare a Putignano o Monopoli per abortire. Le
donne di Brindisi, dove nel 2012 non c'erano ginecologi non obiettori,
dovevano andare a Ostuni dove ce n'era solo uno, così come a Taranto".
Questi i dati che la Laiga denuncia come "migrazione dei diritti". Con
conseguenze sulla salute delle donne, che devono spostarsi fisicamente
da una città all'altra "per veder riconosciuto un diritto", ma non solo.
"Prima di individuare la struttura adatta passano anche settimane,
tempo prezioso per riuscire a non andare oltre il termine dei tre mesi
previsti per legge".
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