giovedì 6 ottobre 2016

Perché No, di Gianluca D'Errico rivista Gli Asini


L’assoluta mancanza di questa giusta distanza rende il dibattito sul referendum costituzionale veramente misero, asfittico. Tutto piegato sulle “convenienze”, sull’ottuso pragmatismo che è la cifra ultima dell’agire politico odierno. Anche gli interventi che appaiono vagamente lungimiranti non vanno oltre il dopodomani. Gli articoli di alcuni giornali stranieri (Financial Times in testa), infine, travisano la faccenda: se passa la riforma si evita la recessione, scrivono gli inglesi. La “stabilità” politica, garantita dalla vittoria di Renzi e Boschi nella battaglia referendaria, sarebbe la condizione per realizzare le riforme che “l’Europa attende”. Dei possibili scenari ipotizzati per il dopo referendum da New york times e Wall street journal (si vedano gli articoli di ferragosto 2016 in particolare) nessuno è diretta conseguenza dei nuovi assetti costituzionali ma degli effetti collaterali degli esiti della competizione referendaria; insomma anche i commentatori stranieri stanno con il naso schiacciato sull’oggi. Il sottotesto dei ragionamenti che ascoltiamo, non suscettibile di verifica, è che il benessere economico-sociale del popolo europeo sarebbe garantito (solo) dalle riforme indicate come necessarie da questo luogo politico virtuale conosciuto col nome di “Europa”: se Renzi perde non riuscirà a fare le riforme anche se rimane in carica il suo governo. Dov’è la riflessione sui contenuti della legge di revisione costituzionale?

L'articolo integrale è qui:

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