giovedì 21 gennaio 2016

L'anno più caldo è quello che verrà

L'anno più caldo è quello che verrà

racconto (editore cercasi)


Nel corso dell’anno, dalla finestra di casa, s’era già capito che c'era nell'aria qualche anomalia, con un inverno caldo e privo di precipitazioni. Stendevi i panni e invece di ritirarli umidi, s'asciugavano in fretta. Nelle sale d'attesa e in quelle di controllo computerizzate si boccheggiava, dato che i software difettavano di opportuni aggiornamenti per via di Windows e, allo scadere del mese di dicembre, i condizionatori avevano iniziato a pompare aria calda dai collettori di alluminio, anche se il clima era mite e non ce ne sarebbe stato bisogno. Un'anomalia certificata anche dalla Nasa che - in mancanza di finanziamenti e mentre si vagheggiava non troppo seriamente l'arrivo dell'uomo su Marte - cercava di darsi da fare finalmente con il pianeta Terra.
Fu l'inizio della fine o, in altre parole, fu l'inizio di qualcos'altro. Di cosa, non lo capì quasi nessuno.

Da quando il 2015 era stato dichiarato solennemente "l’anno più caldo di sempre", si erano succedute annate sempre più preoccupanti e sempre meno speranzose, quasi che si fosse accesa una competizione tra gli anni e le stagioni a divenire sempre più caldi e anomali, quasi a voler fare lo sgambetto agli umani, sempre più dipendenti dal capriccioso e delicato equilibrio dell'elettronica. Ma lo sgambetto, era evidente, gli umani se lo facevano da soli, come quando da ragazzini, nel corso di una concitata partita di pallone, con un piede s'inciampa nell'altro. Non erano gli anni più caldi della storia del mondo, ovviamente, poiché in centinaia di migliaia di anni se n'erano viste di tutti i colori. A un certo punto ci si mise anche il Sole, che proruppe in una tempesta ben visibile anche dalla Terra, che mise a rischio i sistemi di comunicazione terrestre. In certe zone del pianeta, per esempio nella vasta zona delle isole dell'Oceano pacifico, radio, tv, computer, satelliti e antenne divennero così capricciose che le persone cominciarono a non farci più affidamento, il che produsse singolari contraccolpi, riducendo i consumi elettrici e anche dell'ansia di comunicare.

Per rintracciare l'anomalia, che in realtà divenne la regola, una curva esponenziale inflessibile, bisognava risalire a quando erano iniziate misurazioni attendibili delle temperatura, ovvero a 136 anni prima del 2015. Quei dati non potevano mentire. Oltre al caldo, qualcosa stava cambiando. Iniziò tutto con dettagli minimi. Succedeva in un angolo della città: per la prima volta l'asfalto si squagliava. Una pianta insignificante fioriva per la prima volta. Anche la qualità dei pensieri stava decisamente mutando: diveniva meno intensa, più affannosa, rudimentale o, in altri casi, esssenziale e precisa, ridotta al minimo.

Tutto era iniziato in quel 2015 da record: la temperatura media del pianeta era stata di 0,9 gradi centigradi superiore a quella media del secolo. Non si trattò di un evento sporadico: non a caso l’amministratore della Nasa Charles Bolden aveva associato questi dati al cambiamento climatico, che definì “la sfida della nostra generazione". Aggiungendo: “L’annuncio di oggi è un dato chiave che dovrebbe far alzare in piedi i decisori politici e farli prendere atto che è il momento di agire“. L'appello rimase ignorato, d'altra parte erano in tanti a dare l'allarme, talmente tanti che l'allarme era un sentimento condiviso da tutti, anche dai più insensibili che fatalisticamente allargavano le braccia. Kyoto, Parigi, 20-20-20, la riduzione dei gas serra... Qualche parametro dava segni di miglioramento, enfatizzava la speranza. Eppure, il mondo cambiava, lento e implacabile. La metropolitana di Roma cominciò a funzionare meglio. C'è chi vinse le elezioni, per questo. Solo tre grosse interruzioni a settimana, salvo i suicidi e i blackout elettrici. Il miglioramento era causato dal discioglimento della morchia che, con il caldo ora colava giù dai soffitti e cadeva sui treni, sui binari e le persone, lubrificando tutto. La morchia formava certi stalattiti e con precisione cronometrica - ovviamente proporszionale alle temperature - scendeva e si accumulava nei tunnel infiniti della metropolitana di Roma, una delle opere più significative del genere umano sulla Terra, frutto di menti superiori, di tangenti e secanti, capolavoro immortale di corruttiva funzionalità ed efficienza. Con certi tipi di scarpa si scivolava, ma il sindaco emanò un'ordinanza significativa. "Ognuno badi alle sue scarpe; è finito il tempo dell'assistenzialismo. Con calzature a carrarmato, che mettano insieme eleganza e funzionbalità non si cade". E comunque il Comune declinò qualsiasi responsabilità per eventuali danni a cose, animali e persone. Era già il 2020.




Fin dai primi anni Duemila era risuonata la domanda. C'è da fare qualcosa, ma cosa esattamente? E poi, il secondo interrogativo: basterà, a questo punto, fare qualcosa? Agire drasticamente sembrava a tutti necessario. Qualsiasi cosa sarebbe servita a ridurre i danni, ma i danni erano già davanti agli occhi di tutti. Qualcosa stava cambiando, era cambiata. Il mondo dopo qualche decennio sarebbe stato sicuramente diverso.

Sappiamo tutti quanta importanza abbiano per la storia della cultura europea la coltivazioni della vite e dell'olivo. Nel 2015 alcuni viticoltori francesi cominciarono a comprare terreni in Gran Bretagna, per poter continuare a produrre champagne di un certo livello, di fronte al cambiamento climatico. Una vicenda un po' paradossale, che ricorda l'orchestrina che continua suonare a bordo del Titanic.


Il 12 agosto del 2030 venne avvistato lungo la riva del Tevere, all'altezza di Ponte Marconi, il primo di una lunga serie di alligatori. Non era solo, si scoprì poco dopo, ma faceva parte di una piccola comunità nata in cattività da due esemplari abbandonati tempo addietro da un geometra di Casal Palocco.


1° gennaio 2036. Mister Ok, 93 anni, si prepara per il tradizionale tuffo di inizio anno. Una strana, piccola turbolenza nelle acque del Tevere attira per un attimo la sua attenzione. Il cielo è sereno, fa quasi caldo. Il tuffo di Capodanno è accompagnato da applausi preventivi di incoraggiamento. Mister Ok ha dichiarato che quello sarà il suo ultimo tuffo, poi si ritirerà, dopo una carriera impressionante di tuffi di Capodanno. Si prepara con gesto tecnico e si butta. Appena giunto in acqua viene divorato da una ventina di piranhas. Le forze dell'ordine tirano un respiro di sollievo. Ora si spiegano com'era morto un senzatetto di origine est-europea trovato pochi giorni prima in condizioni raccapriccianti sul greto del fiume, nei pressi di Ponte Milvio.

Nei mercati di Milano il raccolto di avocado e banane provenienti dalla Sicilia riscuoteva un notevole successo. Titino Ciprianino, sulle pagine del Corriere della Sera, definì questo come un significativo segnale della riscossa dei prodotti italiani sui mercati internazionali e un possibile sbocco lavorativo per migliaia di giovani. Peccato che Titti Ciprianino non aveva parlato della carenza d'acqua che metteva a rischio i raccolti.

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