Qualche giorno fa sono andato alla stazione Tiburtina a prendere un treno Italo. La stazione Tiburtina è un posto che mi fa incazzare tremendamente ogni volta che ci vado, perché non ci hanno messo le rastrelliere per le biciclette, nonostante i tanti soldi pubblici spesi.
Un gruppetto di ragazzi simpatici, con i capelli lunghi e la faccia pulita, trascorreva il tempo seduto sui bagagli. Invece di cazzeggiare con il tablet su Facebook, suonavano strumenti musicali acustici, una bella chitarra e una fisarmonica. Ci siamo seduti ad ascoltare. Non urlavano a squarciagola, ma cantavano sottovoce il testo. Mentre scorreva una versione niente male di Wish you were here dei Pink Floyd, e il ricordo andava a Syd Barrett e a una stagione inimitabile della musica e della nostra vita, un membro della Panzerdivision di Grandi Stazioni s.p.a., dotato di pistola, guadagnava a grandi passi il luogo del misfatto nell'agorà che si apre alla città - almeno nell'idea del progettista Paolo Desideri, infatti non capisci dove finisca la stazione e inizi la strada -, ingiungendo ai giovani di farla finita. Dovevano andare in strada che, nella voluta indeterminatezza del progetto voleva dire un po' più in là, dove c'è odore di piscio, sostanzialmente, vicino ai cassonetti. Infatti, come ci ha detto la guardia dall'udito finissimo, in nessun luogo della stazione Tiburtina si può suonare. Non è che non puoi mettere il cappello per terra e strimpellare, in attesa di qualche euro, o farti un palchetto da dove elargire i contenuti del tuo ultimo cd, in vendita anche su internet. No, non puoi proprio suonare, per passare il tempo dei ritardi, e anche dei treni in orario. Se cazzeggi con il tuo computer, con suoni di trombetta elettronica, nessuno ti dice niente. Se parli al cellulare ad alta voce su quello che c'è in frigo non ti dicono nulla. Se leggi un libro per terra, credo che non ti dicano nulla. Non è una questione se suoni bene o male, come sarebbe giusto in un Paese più evoluto. Al suonatore rompono le scatole per principio, ma di quale principio si tratta? (to be continued)
Il musicista che da anni dorme in me mi ingiunge di agire. Comincio a invocare la libertà di suonare ovunque, ecc. Il mastino mi si avvicina per controllare che non lo stia perdendo in giro, credendo di farmi paura con la sua divisa. Certo, lui rischia la lettera di richiamo, i superiori lo controllano sulle tv a circuito chiuso e le reti telematiche di Grandi Stazioni s.p.a., che vedono tutto quello che succede alla stazione Tiburtina, persino se ti stai togliendo le caccole con il naso e dove le metti dopo.
"E se mi metto a cantare, lei che fa, me lo vieta?" "E se uno fischia?". La guardia non sa, non risponde.
Nel pomeriggio ripasso alla stazione e c'è un altro gruppo di ragazzi che sta suonando. La stessa guardia, che fa quindi orari lunghi, li fa smettere. Lui applica il regolamento, come gli hanno detto di fare.
Ma io vorrei sapere chi ha scritto il regolamento di Grandi Stazioni s.p.a.? Perché suonare un ukulele è vietato e guardarsi un film no? Qualcuno era stonato da bambino e si è vendicato da grande? O sono questioni di sicurezza a dettare cotanta prudenza? Forse è stato Alemanno, come molti ormai sospettano? La musica è davvero così pericolosa? Il jazz è davvero la musica del diavolo?
Architetto Desideri, intervenga, per favore! Hanno tradito il suo progetto.
Sembra di stare a scuola dalle suore. Non si può fare questo e quello.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.