mercoledì 28 settembre 2016
A Mackinac Island le auto sono bandite dal 1898
Per eliminare le auto da un luogo, bisogna vietarne il transito in aree sempre più estese, garantendo ai cittadini un'aria sempre più pulita e una vita sempre meno pericolosa e stressante. Si deve lavorare, progressivamente e implacabilmente, seguendo tutti i protocolli e le direttive europee, mondiali e galattiche (evitando però accuratamente quelle italiane), partendo dal centro città e avanzando verso le periferie. La Mackinac Island, che si trova vicino a metropoli come Detroit, Chicago e Toronto, ma ha la fortuna di trovarsi anche dentro le acque del Lake Huron, in Michigan, è un caso emblematico, sebbene circoscritto. Nell'isola felice i veicoli a motore sono vietati dal 1898. Ci sono sicuramente casi analoghi in ogni parte del mondo, semplicemente perché l'isola è troppo piccola, più raramente per altri motivi, perché c'è da dire che i veicoli a motore sono stati imposti praticamente a ogni luogo dell'Orbe. Da questi incubatori di nuove possibilità, saldamente ancorati all'Ottocento, si potrebbe partire per abbordare la terraferma, i quartieri e arrivare alla pedonalizzazione crescente. Come un contagio, trasformando le abitudini, le dinamiche culturali, le logiche economiche. Una zona che non sia un'isola impone il suo ritmo alle aree adiacenti. Un contagio benefico che si allarga. E alla fine tutti si adeguano.
Nuovo record mondiale in bici: 144.156 Km/h
Giù in Nevada, qualche giorno fa, il canadese Todd Reichart ha pedalato alla velocità record di 89.59 mph = 144.156 km/h, battendo così il nuovo record mondiale di velocità su una bicicletta ovviamente un prototipo sui generis, anche se pur sempre del tipo a razzo con seduta reclinata. Il primato è stato stabilito nel corso dell'edizione 2016 del World Human-Powered Speed Challenge a Battle Mountain.
sabato 24 settembre 2016
Alexander Millar, The Dismount
Alexander Millar, The Dismount |
Comunicato Adoc
COMUNICATO STAMPA
L’Ama non ci ama: tornano i rifiuti per le strade della Capitale
Roma una delle città più care d’Europa per i rifiuti, spesa più alta del 13% della media europea. Maggiore del 7% della media italiana.
Roma, 21 settembre 2016 – Se non è emergenza, è sicuramente un problema. I rifiuti tornano a braccare la Capitale, dal centro alla periferia tornano a fare capolino per le strade sacchetti e sporcizia. Finito il tempo dei proclami, a Roma serve un intervento capillare, continuo, quotidiano, da parte dell’amministrazione comunale.
“Roma non può permettersi una raccolta rifiuti su strada inefficiente, sia per ragioni di salute e ambiente, sia per ragioni d’immagine – dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc – la nuova amministrazione comunale aveva dato come termine ultimo per sanare l’emergenza lo scorso 20 agosto. A distanza di un mese è tornata la sporcizia sulle strade capitoline. Non si può pensare di gestire i rifiuti solo come emergenza, serve un intervento costante, quotidiano. Anche perché i romani già pagano per la tassa sui rifiuti il 7% in più della media nazionale, addirittura il 13% in più della media europea. Sarebbe opportuno non aggiungerci la beffa di pagare un servizio che non c’è.”
Nella Capitale, difatti, si spendono in media circa 320 euro l’anno per la tassa sui rifiuti, contro i 282 euro della media europea.
Ben il 13,4% in più, ma si arriva anche al 32,2% di differenza con Stoccolma, dove si pagano 242 euro l’anno, o al 15,7% con Madrid, dove la spesa si attesta sui 276 euro annui.
Rimanendo in Italia, a Roma si spende il 7,4% in più della media nazionale, attestata a 296 euro.
Costo medio rifiuti per una famiglia in appartamento di 85mq
Capitale
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Costo annuo
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Diff.% con Roma
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Roma
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320 €
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=
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Berlino
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400 €
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+25%
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Londra
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412 €
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+28,7%
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Madrid
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276 €
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-15,7%
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Stoccolma
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242 €
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-32,2%
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Parigi
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375 €
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+17,1%
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Dublino
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280 €
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-14,2%
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Copenaghen
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330 €
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+3,1%
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Varsavia
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285 €
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-12,2%
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Lisbona
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213 €
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-50,2%
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Atene
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330 €
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+3,1%
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Praga
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297 €
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-7,7%
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Vienna
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341 €
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+6,5%
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Bruxelles
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307 €
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-4,2%
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Amsterdam
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357 €
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+11,5%
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Sofia
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211 €
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-51,6%
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Helsinki
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258 €
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-24%
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Budapest
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375 €
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+17,1%
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Bucarest
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197 €
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-62,4%
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MEDIA UE
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282 €
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-13,4%
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Comunicato WWF
BIANCHI (WWF): PER CONSUMO SUOLO “ZERO” BISOGNA PASSARE ALL’AZIONE IN EUROPA E IN ITALIA
Parte la sfida per raccogliere un milione di firme dei cittadini europei
A Terra Madre a Torino presentazione della task force che coordinerà la petizione in Italia
“Se davvero vogliamo che l’obiettivo del consumo di suolo “zero” al 2050 indicato dal VII programma d’azione europea sull’ambiente diventi realtà è il momento di passare all’azione sia in Europa che in Italia”. Lo dichiara la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi da Torino dove partecipa al lancio della della campagna SALVAILSUOLO presentata dal palco di Terra Madre e promossa dalla coalizione People4Soil che ha l’obiettivo di raccogliere 1 milione di firme di cittadini europei per fermare il consumo e il degrado del suolo attraverso una proposta di legge europea di iniziativa popolare (ECI, Iniziativa dei Cittadini Europei). In Italia la raccolta firme nell’ambito della Campagna SALVAILSUOLO, sarà coordinata da una task force di associazioni che per 12 mesi collaboreranno per sostenere l’iniziativa dei cittadini europei (ECI): ACLI, Coldiretti, FAI, Istituto Nazionale di Urbanistica, Legambiente, LIPU, Slow Food, WWF, insieme al più vasto coordinamento italiano di associazioni aderenti.
“La Commissione europea ha redatto la prima comunicazione ‘verso una strategia tematica per la protezione del suolo’ nel 2002; nel 2006 ha impostato una bozza di Direttiva, poi abbandonata nel 2014. In Italia il primo disegno di legge sul consumo del suolo e la tutela dei terreni agricoli è arrivata in Parlamento alla fine del 2012. Dopo essere stato riproposto e integrato nel 2013, il disegno di legge non solo è ancora ancora in discussione ma stenta a delineare un quadro di regole e strumenti realmente efficaci - continua la presidente del WWF -. La proposta di legge popolare europea è un potente stimolo all’azione e a far sì che il blocco che si è creato rispetto a questo tema, fondamentale per il futuro dell’Italia e dell’Europa, venga finalmente superato”.
“Il suolo è una risorsa non rinnovabile e un bene comune, che svolge funzioni vitali per l’ecosistema, la produzione alimentare, la conservazione delle risorse idriche, lo stoccaggio del carbonio: contenerne il consumo è fondamentale non solo per limitare il rischio idrogeologico ma anche per garantire la resilienza dei sistemi naturali e favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici. E’ importante, quindi, che si rilanci il percorso di una normativa quadro comunitaria, di una direttiva europea che stabilisca una volta per tutte come il suolo sia una risorsa strategica per assicurare la sicurezza alimentare, la tutela della biodiversità e la regolazione dei cambiamenti climatici, così come viene enunciato nella proposta di legge popolare europea lanciata oggi a Torino”, spiega Donatella Bianchi che conclude: “E’ da dieci anni che noi Europei diciamo di esserne consapevoli: ora è arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti”.
Comunicato Greenpeace
La nuova serie di documenti sui negoziati del TiSA, tra cui l'allegato sui servizi energetici, è per Greenpeace fonte di grossa preoccupazione. Secondo l’analisi di questi testi, l’entrata in vigore del TiSA, oltre che essere un pericolo per la democrazia, andrebbe in senso contrario rispetto a quanto stabilito nel dicembre scorso dai negoziati di Parigi sul clima .
GREENPEACE OLANDA DIFFONDE TESTI SEGRETI DEL TISA, «ACCORDO PERICOLOSO, OSTACOLA DEMOCRAZIA E LOTTA A CAMBIAMENTI CLIMATICI»
ROMA/GINEVRA, 20.09.16 – Greenpeace Olanda ha pubblicato oggi sul sitowww.tisa-leaks.org alcuni testi finora segreti e un’analisi del capitolo sull’energia relativi al negoziato a porte chiuse del TiSA (Trade in Service Agreement – Accordo sugli scambi di servizi). Inoltre a Ginevra, in concomitanza con il ventesimo round di negoziati su questo accordo, attivisti dell’associazione hanno aperto uno striscione che recita "Don’t trade away our planet” (Non svendete il nostro Pianeta).
Il negoziato segreto sul TiSA procede dal 2013 tra Unione europea, Stati Uniti e altri 21 Paesi e potrebbe essere concluso entro la fine di questo anno. Addirittura alcuni dei capitoli del trattato saranno soggetti a vincolo di riservatezza per un periodo di cinque anni anche dopo la definizione e la firma dei Paesi interessati.
La nuova serie di documenti sui negoziati del TiSA, tra cui l'allegato sui servizi energetici, è per Greenpeace fonte di grossa preoccupazione. Secondo l’analisi di questi testi, l’entrata in vigore del TiSA, oltre che essere un pericolo per la democrazia, andrebbe in senso contrario rispetto a quanto stabilito nel dicembre scorso dai negoziati di Parigi sul clima .
«Questi testi mostrano che il TiSA, al pari di altri accordi commerciali, contiene misure che legano le mani di quegli stessi politici che dovrebbero applicare l'accordo sul clima di Parigi», dichiara Federica Ferrario, della campagna Agricoltura e progetti speciali di Greenpeace Italia.
Dall’analisi effettuata da Greenpeace emerge che:
· Negli anni a venire la transizione energetica avrà necessariamente bisogno di una regolamentazione del settore privato, ma con la clausola di “standstill” (stasi delle liberalizzazioni) prevista dal TiSA questa operazione risulterà difficile se non praticamente impossibile.
• La cosiddetta clausola "ratchet" (una sorta di divieto a reintrodurre barriere commerciali) implicherebbe che servizi vitali come l'energia, l'acqua potabile e l'istruzione, se liberalizzati, non potrebbero più essere rinazionalizzati. Indipendentemente dalla volontà degli elettori, questi servizi fondamentali sarebbero sempre orientati in linea prioritaria verso la produzione di profitti.
• Le aziende private avrebbero voce nella stesura di nuovi regolamenti che andrebbero a influenzare i loro interessi. La capacità dei governi di garantire una efficace supervisione democratica dei processi di regolamentare sarebbe per lo meno limitata, se non azzerata.
• Nessuna distinzione potrà essere fatta tra fonti energetiche meno impattanti e combustibili fossili più nocivi, rendendo nella pratica impossibile una graduale eliminazione di quelle più dannose come il carbone, il petrolio estratto da sabbie bituminose e lo shale gas.
• Accordi commerciali come il TiSA porteranno ad un aumento del commercio di combustibili fossili mentre il loro uso e commercio dovrebbero essere ridotti per rispettare gli accordi sul clima di Parigi e la tutela del Pianeta.
«Google e Facebook non dovrebbero stabilire le regole sulla privacy e le banche non dovrebbero autoregolamentarsi. Sapere che l’industria dei combustibili fossili potrebbe essere tra i protagonisti della redazione di policy ambientali è una contraddizione. Sarebbe come chiedere all’industria del tabacco di scrivere le norme sulla salute. Queste decisioni devono essere prese dai cittadini tramite i governi che hanno democraticamente eletto, non dalle aziende», conclude Ferrario.
Greenpeace chiede che le negoziazioni su TiSA e TTIP vengano immediatamente sospese e che non venga ratificato il CETA (controverso accordo tra Ue e Canada). Anziché minare le politiche a salvaguardia del clima, gli accordi commerciali dovrebbero essere progettati per migliorare le azioni in sua difesa. È inaccettabile che accordi commerciali come TiSA, TTIP o CETA vengano negoziati in segreto, e vadano a scapito di cittadini e ambiente. Invece di sacrificare la tutela dell'ambiente a beneficio delle grandi aziende, tutti i nuovi accordi commerciali devono focalizzarsi su trasparenza e lotta ai cambiamenti climatici.
Il TTIP e il CETA saranno argomento di discussione il 23 settembre a Bratislava, durante la riunione dei ministri Ue del commercio.
Corso di ciclomeccanica con drink a Milano
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giovedì 22 settembre 2016
Mennea e le Olimpiadi
Pietro Mennea, prima di morire nel 2013, scrisse un libro sulle Olimpiadi. Fu uno dei pochi sportivi a denunciare gli sprechi e i rischi dei Giochi a Roma, che adesso tramontano, mentre tanti ripetono la solita solfa delle occasioni perse e dei posti di lavoro sfumati. Intanto, nel deficit del Comune di Roma ci sono ancora alcuni debiti contratti per le Olimpiadi di Roma 1960.
Tutte le esperienze precedenti, non solo italiane, dimostrano che due settimane di gare lasciano a una città molto debiti e pochi vantaggi, con opere inutili per la cittadinanza e quartieri cementificati e stravolti.
Pietro Mennea, “I costi delle Olimpiadi”, 2012, Delta Tre Edizioni, € 25,00, 222 pp.
Maggiori informazioni qui.
Tutte le esperienze precedenti, non solo italiane, dimostrano che due settimane di gare lasciano a una città molto debiti e pochi vantaggi, con opere inutili per la cittadinanza e quartieri cementificati e stravolti.
Pietro Mennea, “I costi delle Olimpiadi”, 2012, Delta Tre Edizioni, € 25,00, 222 pp.
Maggiori informazioni qui.
venerdì 16 settembre 2016
Greenpeace compie 45 anni
Comunicato Greenpeace
ROMA, 14.09.16 -
Greenpeace compie 45 anni. Il 15 settembre del 1971 un gruppo di volontari
partiva da Vancouver, in Canada, a bordo del peschereccio Phyllis Cormack, poi
ribattezzato Greenpeace, per cercare di fermare i test atomici sull’isola di
Amchitka, in Alaska.
L’organizzazione
ambientalista nasce con questo viaggio: sebbene la nave non raggiunse mai
Amchitka, perché intercettata dalle autorità statunitensi, questa missione
sviluppò nell’opinione pubblica una crescente opposizione ai test atomici che
portò al loro bando.
Ancora oggi questa è
Greenpeace: la capacità di aggregare le persone attorno a un obiettivo
ambizioso e vincere anche le sfide più difficili. Oltre tre milioni di
sostenitori, 36 mila volontari in tutto il mondo, a cui si aggiungono migliaia
di attivisti, cyberattivisti, ricercatori, lobbysti e un numero sempre
crescente di alleati.
“La maggiore sfida
globale dei nostri tempi è la battaglia contro i cambiamenti climatici.
L’Accordo di Parigi, che ci aspettiamo verrà firmato tra una settimana, è un
bel passo in avanti per raggiungere l’obiettivo ambizioso di non superare un
grado e mezzo di aumento della temperatura globale e avviare la transizione
verso le rinnovabili al 100 per cento per tutti” afferma Giuseppe Onufrio,
direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
Tra gli effetti dei
cambiamenti climatici vi è l’acidificazione degli oceani, che assorbono troppa
C02 che danneggia la vita marina. Greenpeace chiede più aree marine protette,
meno pesca illegale e collabora con altre organizzazioni per evitare che gli
oceani diventino una immensa discarica per la plastica.
La nostra battaglia
per proteggere le foreste primarie, insieme a comunità e gruppi locali, è
cruciale perché non solo sostiene la biodiversità, ma anche per il ruolo che le
foreste hanno nel tenere in equilibrio il clima.
Allo stesso modo la
campagna per l’agricoltura sostenibile vuole sostenere chi coltiva la terra
senza contribuire ai cambiamenti climatici. Stiamo lavorando anche per un
futuro senza sostanze tossiche, dove le sostanze chimiche pericolose non
saranno più prodotte, usate e rilasciate nell’ambiente.
Oggi Greenpeace
continua a battersi anche contro le testate atomiche e anche se i test sono
rallentati grazie all’opposizione pubblica, diversi stati continuano a
possedere, sviluppare e ammodernare le testate atomiche: serve un Trattato
delle Nazioni Unite che le metta al bando.
Greenpeace festeggia
quest’anno anche 30 anni di attività in Italia (30anni.greenpeace.it):
nel nostro Paese l’associazione conta oltre 77 mila sostenitori, 500 mila
cyberattivisti e un migliaio di volontari.
martedì 13 settembre 2016
mercoledì 7 settembre 2016
La plastica nei cosmetici uccide l'ambiente
Comunicato Greenpeace
TROPPA PLASTICA IN PESCI E FRUTTI DI MARE.
SUBITO UN BANDO ALLE MICROSFERE NEI COSMETICI E NEGLI ALTRI PRODOTTI
ROMA, 29.08.16 – Sempre più plastica viene ingerita dagli
organismi marini e può risalire la catena alimentare fino ad arrivare nei
nostri piatti. Lo denuncia oggi un nuovo rapporto - “La
plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare”- realizzato dai
laboratori di ricerca di Greenpeace, che raccoglie i più recenti studi
scientifici sugli impatti delle microplastiche, incluse le microsfere, sul mare
e quindi su pesci, molluschi e crostacei.
La presenza di frammenti di plastica negli oceani è un
problema noto da tempo ma in crescita esponenziale. Una volta in mare, gli
oggetti di plastica possono frammentarsi in pezzi molto più piccoli, e
diventare microplastica. Un caso a parte sono le microsfere: minuscole sfere di
plastica prodotte apposta per essere usate in numerosi prodotti domestici
(cosmetici e altri prodotti per l’igiene personale). Un recente
rapporto di Greenpeace Est Asia ha analizzato le politiche ambientali di
trenta imprese del settore dei cosmetici e altri prodotti domestici, mostrando
che nessuna azienda ha piani efficaci per l’eliminazione tempestiva delle
microsfere.
Il rapporto di Greenpeace offre indicazioni allarmanti sugli
impatti delle microplastiche su vari organismi marini, tra cui diverse specie
di pesci e molluschi comunemente presenti nei nostri piatti, anche se gli
effetti sulla salute umana sono ancora troppo poco studiati. Anche per questo,
Greenpeace Italia chiede al Parlamento di adottare al più presto il bando alla
produzione e uso di microsfere di plastica nel nostro Paese: su iniziativa
dell’associazione Marevivo è stata già presentata una proposta di legge. Si
tratta di una misura precauzionale, al vaglio in numerosi Paesi, necessaria per
fermare al più presto il consumo umano di questi materiali.
“Una mole crescente di prove scientifiche mostra che le
microplastiche possono generare gravi conseguenze sugli organismi marini e
finire nei nostri piatti. Un bando alla produzione di microsfere è, per il
Governo e il Parlamento, la via più semplice per dimostrare attenzione agli
effetti dell’inquinamento del mare e ai relativi rischi per la salute umana
anche se è solo un primo passo per affrontare il gravissimo problema della
plastica nei nostri oceani” afferma Giorgia Monti, responsabile Campagna Mare di
Greenpeace Italia.
Arrivate al mare, le microplastiche possono sia assorbire
che cedere sostanze tossiche ed è dimostrato che vengono ingerite da numerosi
organismi: pesci, crostacei, molluschi. Purtroppo, non ci sono ancora ricerche
sufficienti a definire con certezza gli impatti sulla salute umana ma i dati
disponibili confermano la necessità di applicare con urgenza il principio di
precauzione, vietando la produzione di microsfere e definendo regole stringenti
per ridurre in generale l’utilizzo di plastica. Si stima che ogni anno arrivino
in mare otto milioni di tonnellate di plastica: che siano microsfere o
frammenti dovuti alla degradazione di altri rifiuti (imballaggi, fibre o
altro).
Leggi il briefing “La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti
di mare: http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2016/mare/la-plastica-nel-piatto.pdf
Leggi il rapporto completo (in inglese): www.greenpeace.to/greenpeace/wp-content/uploads/2016/07/plastics-in-seafood-technical-review.pdf
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