Veicolo a pedali alla Maker Faire di Detroit 2010 |
Si intitola semplicemente "Maker" il documentario sul maker movement prodotto da Yu-Hsiu Yang / Iris Lai , regia e riprese di Mu-Ming Tsai. Sono gli stessi autori di "Design & Thinking" (2011). Il videdo, di cui è disponibile online una versione demo gratuita, ci aiuta a capire l'estrema vitalità e i rivolti sociali di questo fenomeno, che eredita una lunga tradizione di fai-da-te, da decenni un importante settore della creatività e dell'economia. I settori tradizionali dell'hobbistica e del fai da te si sono negli ultimi decenni arricchite delle tante innovazioni tecnologiche, trasformazioni che giustificano anche il nuovo termine "maker culture" che si sovrappone a tutta una serie di attività artigianali che vanno sotto il nome di Do-It Yourself e Do-It-Together. ma non bastano le stampanti tridimensionali a far pensare di essere di fronte a qualcosa di inedito.
Il do-it-yourself (in italiano 'fai-da-te', in francesce bricolage) ha origini remotissime. Potremmo dire che questa attività sia nata quando un uomo industrioso, dopo un accenno di riflessione, forgiò, scheggiandoli, i primi ciottoli per ottenerne un utensile, non ritenendo adatti quelli reperiti in natura. Ciò accadde circa 500 mila anni fa. Il passo successivo fu l'amigdala (bifacciale).
Amigdala |
Riviste secolari, come "Popular Mechanics" (nata nel 1902) ci ricordano che nella sfera del DIY rientrarono fin dall'inizio le innovazioni in campo elettrico ed elettronico e che, semmai, le diverse manifestazioni del fenomeno erano dovute alle personali inclinazioni e alle necessità di chi praticava il fai-da-te in ambito domestico. Inizialmente le attività domestiche sono suddivise in modo abbastanza tradizionale tra maschili e femminili. Per fortuna queste barriere sono da tempo cadute. All'inizio da un lato abbiamo falegnameria, elettricità, idraulica, muratura, dall'altro cucito, maglia, attività artistiche, gastronomiche. A tutto questo ben presto si affiancò l'elettronica. Si trattò di un settore vitalissimo che permetteva notevoli risparmi, ma richiedeva speciali competenze di base.
Per limitarci all'Italia, a partire dall'inizio degli anni Cinquanta fu tutto un fiorire di riviste: Radiorama, Elettronica mese Settimana elettronica, fino alla celeberrima Nuova Elettronica, fondata nel 1969. Potete trovare moltissime riviste in formato pdf, al sito di Francesco Piva, Gruppo di Biologia Computazionale dell'Università Politecnica delle Marche, alla voce 'vecchie riviste' (il sito è qui). Queste riviste favorirono la divulgazione dell'hobbistica elettronica presso un pubblico più ampio. Tutto questo per dire che il fai-da-te elettronico precede di vari decenni l'avvento del maker movement e che l'uso dell'elettronica non è la sua cifra più caratteristica. Vediamo invece cosa contraddistingue questo movimento, di cui è difficile stabilire una data di nascita. Il maker movement viene chiamato, forse un po' esageratamente la "terza rivoluzione industriale". Si impernia su concetti come l'open source, la manifattura su scala locale e il reperimento di risorse finanziare attraverso il crowd funding. Rompe l'isolamento dell'hobbista e si proietta su scala mondiale attraverso il web, ma soprattutto lavora su settori ad alto potenziale innovativo, per cui spesso i maker lanciano startup in proprio e vengono reclutati per progetti da grandi aziende. I makers innovano e rilanciano tecnologie aziendali che, a loro volta, spesso non sono nate in centri di ricerca istituzionali, ma in laboratori e contesti informali e marginali, per poi essere lanciate nel web, nelle aree a forte innovazione, in piccole startup. Spesso le persone coinvolte sono promotrici di una ricerca diffusa, aperta, non legata a copyright, ma da condividere e migliorare.
Riviste come Make, Craft e fiere come la Maker Faire, di cui recentemente si è svolta a Roma la versione italiana (il sito è lì), sono la testimonianza di un crescente interesse per il fenomeno.
Un aspetto importantissimo è la condivisione sociale, all'opposto della cantina dell'hobbista. Basti pensare alle ciclofficine popolari (in lingua inglese qualcosa di molto simile sono le bike kitchens). Molto interessante,. in questo senso, la nascita recente dei repair cafè, dove si impara a riparare.
- Alec Foege: Author of 'The Tinkerers'
- Barry Katz: Consulting Professor in the Design Division at Stanford University
- Bruce Schaar: Member of BioCurious
- Carl Bass: CEO of Autodesk
- Charles Adler: Co-Founder & Adviser of Kickstarter
- Chris Anderson: Author of “Makers: The New Industrial Revolution”, CEO of 3D Robotics
- Dale Dougherty: CEO of Maker Media Inc.
- Damien Declercq: Director of New Business Development of Local Motors
- Danae Ringelmann: Founder of Indiegogo
- David Lang & Eric Stackpole: Co-Founder & Founder of OpenROV
- Duann Scott: Designer Evangelist of Shapeways
- Elsa & Mark Bünger: Daughter & Research Director of Lux Research
- Eric Migicovsky: CEO of Pebble Watch
- Gonzalo Martinez: Director of Strategic Research at Autodesk
- Jeremy Conrad & Helen Zelman: Co-Founders of Lemnos Labs
- Jim Newton: Chairman & Founder of TechShop
- Kristina Hathaway & Raymond McCauley: Co-Founders of BioCurious
- Mark Dwight: Founder/CEO of Rickshaw Bagworks; Founder/Chairman of SFMade.org
- Matthew Hagan: 3D Printing Engineer of Shapeways
- Mick Ebeling: Founder of Not impossible Labs
- Navi Radjou: Co-author of 'Jugaad Innovation'
- Nemo Gould: An artist and sculptor
- Peter Platzer: CEO of Nanosatisifi
- Ronald Miloh Alexander: Co-Founder of Type a machine
- Scott N. Miller: CEO & Co-Founder of Dragon Innovation
- Sylvia Todd: Sylvia's Super-Awesome Maker Show
- Tanya Menendez & Matthew Burnett: Founders of Maker's Row
- Tim O'Reilly: Founder of O'Reilly Media.
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