E’ ora che il ciclista paesano venga tutelato e valorizzato,
soprattutto conosciuto.
Rappresenta la continuità, la profonda saggezza nell’uso
della bicicletta dalle sue origini a oggi.
Le mode non lo scalfiscono perché il ciclista paesano non ha
mai agito per moda, ma per necessità.
La sua pedalata lenta ha attraversato i decenni e, oramai, i
secoli.
Il ciclista paesano si porta appresso il sole estivo a picco
del Meridione, la grande nuvola di un paesino delle Langhe, la pioggia umbra. Viaggia
all’interno di una bolla di nebbia padana dell’alba.
Va al lavoro, si porta appresso gli attrezzi. Spazzacamino, sarta,
operaio, mondina, contadina, pastore, danzatore da balera, pescatore, aspirante
o futuro sportivo, scolaro in ritardo, il ciclista paesano rappresenta la
quintessenza dell’intermodalità, dell’uso urbano ma anche interurbano della
bici, della vocazione agonistica e agnostica alle mode e alle
strumentalizzazioni.
Sarebbe utile un marchio di qualità per il ciclista paesano
e per il suo fedele destriero, la bicicletta paesana. Spontaneismo,
improvvisazione, autoproduzione e autotrasporto gastronomico, artistico, artigianale.
Il ciclista paesano
Veste come capita, mai con capi tecnici o sportivi, semmai
da lavoro. Quindi è sempre fuori moda.
Ha spesso il cappello.
Prevalentemente molto anziano, anziano, o almeno di mezza
età. Se giovane sembra più vecchio, ma gli agenti atmosferici ne rendono
confusi i tratti somatici e anche la figura.
Borse, zaini, ombrelli, la chitarra trovano sempre posto a
bordo. Anche piccoli elettrodomestici, oggetti trovati, legname, la rosetta, michetta o ciabatta col
salame, il fiasco di vino, vasi, il cane, il giornale e le moderne tecnologie
che rendono la vita più comoda, come la macchina fotografica analogica e il
walkman a cassette.
Il ciclista paesano usa solo tre attrezzi: martello (il
preferito), cacciavite e pinze.
Non beve birra artigianale. Non mangia slow food. Se va in
un ristorante alla moda e gli portano un piatto con dentro una cosa piccola,
con delle strisce colorate e il cameriere sorridente gli dice: “Vi spiego il
piatto”, si incazza.
Di solito non ha tatuaggi (spesso non sa neanche cosa
siano).
Evita le manifestazioni ciclistiche (spesso non sa neanche
cosa siano).
La bicicletta paesana
Al massimo ha i freni cantilever.
Ha la molletta con un pezzo di carta che urta i raggi della
ruota posteriore, per fare brum brum.
Cigola un po’.
Ha la dinamo.
La sella è scomoda.
Ha sempre qualche punto di ruggine, anche meglio perché il
colore è di solito inguardabile.
Ignora il concetto di lubrificazione, a parte qualche
spennellata sporadica.
Il cestino anteriore e/o la cassetta della frutta posteriore
sono praticamente obbligatori.
Viva il ciclismo paesano! Abbasso
le mode di ogni tipo!
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