sabato 24 gennaio 2015

Il ciclismo paesano

E’ ora che il ciclista paesano venga tutelato e valorizzato, soprattutto conosciuto.
Rappresenta la continuità, la profonda saggezza nell’uso della bicicletta dalle sue origini a oggi.
Le mode non lo scalfiscono perché il ciclista paesano non ha mai agito per moda, ma per necessità.
La sua pedalata lenta ha attraversato i decenni e, oramai, i secoli.

Il ciclista paesano si porta appresso il sole estivo a picco del Meridione, la grande nuvola di un paesino delle Langhe, la pioggia umbra. Viaggia all’interno di una bolla di nebbia padana dell’alba.

Va al lavoro, si porta appresso gli attrezzi. Spazzacamino, sarta, operaio, mondina, contadina, pastore, danzatore da balera, pescatore, aspirante o futuro sportivo, scolaro in ritardo, il ciclista paesano rappresenta la quintessenza dell’intermodalità, dell’uso urbano ma anche interurbano della bici, della vocazione agonistica e agnostica alle mode e alle strumentalizzazioni.

Sarebbe utile un marchio di qualità per il ciclista paesano e per il suo fedele destriero, la bicicletta paesana. Spontaneismo, improvvisazione, autoproduzione e autotrasporto gastronomico, artistico, artigianale.


Ciclista paesano con carrello della spesa  (Monte Mario, Roma, gennaio 2015)


Il ciclista paesano

Veste come capita, mai con capi tecnici o sportivi, semmai da lavoro. Quindi è sempre fuori moda.
Ha spesso il cappello.

Prevalentemente molto anziano, anziano, o almeno di mezza età. Se giovane sembra più vecchio, ma gli agenti atmosferici ne rendono confusi i tratti somatici e anche la figura.



Borse, zaini, ombrelli, la chitarra trovano sempre posto a bordo. Anche piccoli elettrodomestici, oggetti trovati, legname, la rosetta, michetta o ciabatta col salame, il fiasco di vino, vasi, il cane, il giornale e le moderne tecnologie che rendono la vita più comoda, come la macchina fotografica analogica e il walkman a cassette.


Il ciclista paesano usa solo tre attrezzi: martello (il preferito), cacciavite e pinze.

Non beve birra artigianale. Non mangia slow food. Se va in un ristorante alla moda e gli portano un piatto con dentro una cosa piccola, con delle strisce colorate e il cameriere sorridente gli dice: “Vi spiego il piatto”, si incazza.

Di solito non ha tatuaggi (spesso non sa neanche cosa siano).

Evita le manifestazioni ciclistiche (spesso non sa neanche cosa siano).




La bicicletta paesana

Al massimo ha i freni cantilever.

Ha la molletta con un pezzo di carta che urta i raggi della ruota posteriore, per fare brum brum.
Cigola un po’.

Ha la dinamo.

La sella è scomoda.

Ha sempre qualche punto di ruggine, anche meglio perché il colore è di solito inguardabile.
Ignora il concetto di lubrificazione, a parte qualche spennellata sporadica.

Il cestino anteriore e/o la cassetta della frutta posteriore sono praticamente obbligatori.



Viva il ciclismo paesano! Abbasso le mode di ogni tipo!

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