venerdì 29 agosto 2014

Alfredo Martini (1921-2014)

"Mi dispiace, non possiamo coprire le spese della trasferta", mi disse una collega. Era il 2010 e avevo accettato senza esitare e con molto entusiasmo l'offerta di Radio3 di realizzare varie puntate sulla bici, gratis e senza interrompere il lavoro a Radio1; anche il concetto di autorialità per queste puntate è un po' traballante, ma fa niente. A parte queste meschine questioni materiali, in una serie di puntate dedicate alla bici per me non poteva non figurare Alfredo Martini, la cui memoria formidabile sembrava allungare ancora di più gli anni e l'esperienza di questo grande uomo di sport. Al telefono meglio di no, non sarebbe venuta bene e poi bisognava incontrarlo, quando mi sarebbe ricapitato? Andai in Toscana ci sarei andato pure in bici. Il viaggio in auto fu segnato da un temporale memorabile. Il collega aveva detto: "Non sei coperto, se ti schianti non eri in servizio".

Giunsi a casa di Alfredo Martini, a Sesto Fiorentino, alle ultime battute di una tappa del Giro d'Italia. La tappa era stata vinta da Vincenzo Nibali. Martini era nel soggiorno di casa con un paio di amici e la moglie. Martini vide inquadrato Nibali in tv. Ricorderò sempre la sua risata breve. Poche parole, senza fronzoli, di uno che ha macinato ciclismo per decenni: "E' in gamba".  Ma si vedeva che era molto soddisfatto e credeva nel campione.

Ricostruisco adesso che era il 22 maggio, che in quella edizione del Giro d'Italia Nibali era stato maglia rosa per alcune tappe e che alla fine si era classificato terzo, un ottimo piazzamento prima dei successi recenti che tutti conosciamo.
Avevo pianificato di far raccontare a Martini di Bartali. Ma i ricordi si intrecciavano inevitabilmente con altre vicende. Era come un prisma: parliamo di Bartali, ma in realtà parliamo di tutto. Poi c'è tagliola del montaggio, i noiosi limiti di durata. Ma intanto si registra, si sente il racconto. Cose che non ricapitano. Disse tante cose interessanti, un amico, un campione, un fortissimo rivale anche. Martini non volle assolutamente parlare dell'attività partigiana di Bartali, il quale aveva sempre tenuto segreta questa cosa: e lui volle assecondare i suoi desideri.
La puntata è sul sito di Radio3, qua; in quei paraggi web ci sono anche le altre.

Cominciai a provare una discreta vertigine quando ci sedemmo nel soggiorno, attorniati da ricordi - medaglie, diplomi, segni di stima e affetto - una vita e di una carriera che sembrava secolare per le epoche che aveva attraversato. Il modo di fare di Martini era assolutamente informale, la dote che tanto amo in coloro che non devono dimostrare niente, la totale assenza di arroganza, la testa nello spiegare le cose di sport, . Martini mi raccontò prima che accendessi il registratore che la sua famiglia aveva un negozio di abbigliamento e anche lui ci aveva lavorato. Come atleta e ancor di più come tecnico della nazionale italiana di ciclismo avrebbe potuto vantarsi di ben altro, i tanti mondiali portati a casa.
Con la sua voce profonda e con parole nitide - una grana della voce che sembrava provenire da un altra epoca molto più interessante di questa - Martini cominciò a raccontare i suoi inizi: "Nel 1928 vedemmo Binda gareggiare...". Quasi svenivo per l'emozione, Pensai: "Oh, mio dio, ha detto 1928, quest'uomo ha visto Binda correre e vincere nel mille-novecento-ventotto!". Martini si era informato sui tempi della puntata per calibrare il discorso. Glieli comunicati, ma poi gli dissi non preoccuparsi, che parlasse pure liberamente.   


Alfredo Binda durante il Giro d'Italia del 1928, uno dei cinque vinti dal campione

L'anno seguente, 2011, Martini ebbe la gentilezza di venirci a salutare all'Ippodromo di Firenze durante una bella gita in bicicletta, la Carovana Milano-Roma organizzata dal Touring Club Italiano, a pochissimi giorni dalla scomparsa della moglie.

Luca Conti

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