martedì 29 luglio 2014

Archi, Luna (2014)

Archi, Luna (2014)

Luna nel Rotazioni Lab
 
La raccoglistica è una scienza esatta. Chi arriva prima al cassonetto si prende quello che c'è. Ma ci sono materiali che non interessano molto i competitors, sempre più agguerriti (ora anche in bici pieghevole). Uno di questi materiali è il vetro. Un giorno m'imbattei in una plafoniera di vetro intonsa, poggiata altruisticamente in bella vista vicino a un cassonetto. Era ovviamente fuori norma, da un bel pezzo: immaginate una pallonata che fa schizzare già dall'alto frammenti di vetro acuminato. Il problema era come fissare questa plafoniera, e anche come utilizzarla.  Di notte sognavo i vari sistemi. Dei braccini o una specie di mano di metallo, una fascia sempre metallica per fissare delle viti. Fuochino, fuochino. Alla fine arrivo a un'idea: un cavo d'acciaio da serrare attorno alla scanalatura della plafoniera, facendo un occhiello con il cavo per fissare al muro la plafoniera come un quadro. Il bordo della plafoniera veniva tutelato dagli urti con un tubicino di plastica tagliato per lungo e inserito torno torno nel bordo. Non so se sono stato chiaro, ma io la lampada ora non la ristacco dal muro per fare le foto. 
Telefono ad Archi giù in Sicilia e gli chiedo se gli va di lavorare a questo progetto. La linea è disturbatissima, ma fra un mugugno e l'altro dice che ci penserà. Mi manda per posta uno schizzo con l'idea: una rete di filo metallico che sorregge una fila di luci colorate di Natale.
Il titolo l'ha dato lui, che ormai lascia fare agli altri. Ha specificato che non di tratta di una lampada, ma di un'installazione. Me l'ha regalata.
 

Calamo

È la penna più antica dell'umanità, il qualam arabo. Basta un pezzo di bambù, ci si può aggiungere un serbatoio interno, che è un minuscolo pezzo di metallo che allunga incredibilmente la quantità di inchiostro di china trattenuto.

Cola pen

Bellissimo oggetto che ci si può costruire con pezzi di lattina (ma le lattine non sono più quelle di una volta). Si chiama cola pen, distrae qasi tutti gli studenti di calligrafia. Qui un esempio di uso creativo della cola pen da parte di Francesca Gandolfi.
La cola pen, oltre ad altri oggetti, nelle mani di due altri calligrafi italiani, Fiancesca Biasetton e Luca Barcellona, qua.

Archi, Il pianeta delle mille pedalate (2014)


Neanche il laccio di cuoio è passato con facilità, Archi ha dovuto pressarlo per poi ridargli la forma normale. La biglia era leggermente più piccola delle altre, un'imprefezione che ha fatto sì che la catena si chiudesse. 

venerdì 25 luglio 2014

Camping alla stazione di Catania

In tenda alla stazione centrale di Catania, per una vacanza da trascorrere in tutta mobilità e all'aria aperta.
Venuta meno l'offerta dei servizi da offrire all'utenza alla stazione centrale di Catania, visto che da diversi anni ormai il bar, l'edicola, l'ufficio informazioni e accoglienza turistica ed altre attività commerciali hanno chiuso, qualcuno ha pensato bene di trasformare una parte della stazione in camping per le vacanze estive.
Di certo una bella trovata...chissà quanto verrebbe a costare una settimana di vacanza? E dove eventualmente prenotare?
----------
Cordialità

Giosuè Malaponti - Presidente Comitato Pendolari Siciliani



giovedì 24 luglio 2014

mercoledì 23 luglio 2014

Outside Kampala

Julian Trevelyan (1910-1988), Outside Kampala (1966). Intaglio print on paper (Fonte: Tate)


Con Manuela alla mai fu centrale nucleare di Montalto di Castro

Quando ero giovane, correva l'anno 1987, votai a un referendum contro il nucleare, in realtà erano tre i quesiti referendari a riguardo. Quesiti del tipo: "Non vorresti impedire la cancellazione della legge xyz che vieta la costruzione di non centrali nucleari e permette la costruzione di centrali nucleari, ih ih ih. Sì o No?"

La coalizione anti-nucleare era ampia ed eterogenea, faceva anche sperare nella nascita di una sinistra a vocazione ambientalista. Andai pure alle manifestazioni per la prima volta. Ero davvero incazzato. Si gridava: "Contro il nucleare civile e militare".


All'epoca non c'era il web, quindi si andava dentro la cabina e si leggeva questo testo, senza potersi annotare uno schema o un piccolo algoritmo su un pezzo di carta per capire se dovevi scrivere si o no. E l'idea di formulare un quesito più chiaro e diretto, tipo "Vuoi il nucleare o no?", era giuridicamente inaccettabile. A me questa cosa faceva girare le balle oltremodo. Avrei voluto leggere una cosa più diretta. Ma le norme sono norme, certe cose non possono essere semplificate ulteriormente. Comunque riuscii a votare il mio si (avevo memorizzato di dover scrivere il contrario di quello che avrei istintivamente scritto), quindi il mio sì che era un no forte e chiaro, all'uso dell'energia nucleare in Italia. Con mia sopresa vincemmo noi, i disfattisti ecologisti radicali artistoidi, con tutti i soli che ridevano gialli e rossi. Fu bellissimo. Quindi gli italiani non erano completamente un popolo di coglioni, pensai faziosamente. La costruzione della centrale nucleare di Montalto di Castro con due reattori da 1000 MW, e un sacco di soldi spesi, venne interrotta. 
The small dusty road to Montalto di Castro never-was nuclear site

Faccio una parentesi, favorita dalle insolazioni estive. Riguarda il sole, il sole che ride. Negli anni successivi  il sole che ride smise di ridere. Il partito in cui riposi tante speranze si affidò a portavoce gagà assolutamente poco attivisti. E l'ecologismo in politica cominciò a spegnersi lentamente. Disfattisti di destra dicevano che sotto il verde c'era il rosso. Magari. Comunque i portavoce dei Verdi peggiorarono sempre più, fino a memorabili sfaceli clientelari-governativi. Il sole lentamente tramontò. Però anche il nucleare. (Per una ricostruzione vedi la voce wikipedia dedicata al nucleare in Italia.)

Special equipment for my journey

Qualche anno dopo, il cielo politico italiano si tinse di marrone (procurato da fard e sostanze organiche) e anche di nero. Salì al governo una creatura mostruosa proteiforme. A partire dal 2008, a furia di decreti legge - in classico stile nostrano - si cominciò ad aprire la strada al ritorno del nucleare civile.
Avvicinamento agreste alla centrale di Montalto di Castro. La ragazza del camping aveva detto che non c'era la strada, quindi sono partito per sfida in quella direzione, e la strada c'era.
Si sarà forse capito che non sono la persona più adatta a ripercorrere la vicenda del nucleare in Italia dal punto di vista politico. A me, da uomo della strada che pedala, sembrava di aver dato il mio contributo nel 1987 dicendo no al nucleare in Italia. Invece dopo diversi anni, cominciarono a fioccare i decreti legge e nel 2010 nacque il Forum Nucleare Italiano (associazione non a scopo di lucro: non è una battuta, ma in effetti lo sembra) per fare lobby. Il nucleare è bello, buono, non costa quasi niente, è sicuro, fa bene, ne abbiamo bisogno, altrimenti come pompiamo la crescita dei consumi elettrici? Il Forum Nucleare Italiano cominciò a promuovere il nucleare, anche attraverso uno spot che viene giudicato ingannevole nel 2011 dall'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria. Il Forum ne pubblica una nuova versione, modificando il finale. Intanto si dibatte sul dove potrebbero sorgere le nuove centrali, costosissime e obsolete dalla nascita. La prima candidata naturale è la centrale di Montalto di Castro, quasi ultimata nel 1988, allorquando un referendum avrebbe dovuto metter fine alla questione. Situata a pochi metri dal mare, in zona etrusca e turistica, e anche in zona sismica, come la quasi totalità del Paese. La centrale è lì. Potenti elettrodotti sono stati installati, le ciminiere svettano nel cielo, ecc.
I potenti elettrodotti di Montalto di Castro, inquadrati dal cockpit di Manuela

Nel 2010 l'Italia dei valori presentò un referendum per fermare il nuovo programma elettronucleare italiano. La Corte Costituzionale dichiarò ammissibile il quesito referendario nel gennaio del 2011. Ma nel marzo 2011 il devastante terremoto in Giappone e il cosiddetto "incidente" alla centrale di Fukushima Daiichi pose la questione in ben altri termini. Si arrivò quindi al secondo referendum contro il nucleare, quello del 2011. Andai a votare contro il nucleare una seconda volta. In bicicletta.

Un guado paradossale: 1 mm di acqua scorre sotto il ponte
Intanto, pedalando, mi sono avvicinato alla centrale. Manuela risponde bene, nonostante il fondo sconnesso. Campi di pomodori si stendono nei dintorni. Chissà che bei pomodori sarebbero usciti fuori con un po' di acqua radioattiva. Mi imbatto in un gruppetto di case a vocazione agricola. Un emblema riporta A.D. 1947.

 
Se avessero messo in funzione la centrale nucleare, forse avrebbero poi riqualificato queste case e venduto qui prodotti agricoli tipici del luogo per far vedere che il nucleare è buono e fa bene.

Si noti in alto a destra la colombaia, per scampate colombe nucleari



Una vigna ombreggia un pezzetto di terra

Che gusto vedere la cancellazione sul cartello. In attesa di un terzo referendum?

L'entrata dell'impianto, che ora comprende anche la centrale elettrica Alessandro Volta a policombustibile, la più potente centrale termoelettrica italiana (dettagli su 'voce' wikipedia). Nel 2009, con la sua attività, la Alessandro Volta ha emesso un milione di tonnellate di CO2 in atmosfera. Dicono i favorevoli al nucleare che queste emissioni non ci sono con l'atomo, ma ce ne sono altre, e altri rischi

P.S:: i quesiti del 1987, quelli veri , erano:

"Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidano entro tempi stabiliti? (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di insediamento", previste dal 13° comma dell'articolo unico legge 10/1/1983 n.8)"

"Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone? (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi", previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata legge)"

"Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all'estero? (questa norma è contenuta nella legge N.856 del 1973, che modificava l’articolo 1 della legge istitutiva dell’ENEL)."

Zona di guerra


Mi è successo qualche settimana fa nella zona che ho soprannominato Beirut, cosa che ai giovani non dirà molto, essendoci oggi altri conflitti in atto. Giorni fa hanno portato via quintali di immondizia abbandonata. Adesso la situazione è migliore, ma il luogo rimane piuttosto desolato. Faccio attenzione alle buche, si sono fregati pure i tombini, e ai vetri per terra. Avanzo lentamente.
Pedalo verso la palazzina merlata che è contemporaneamente bruciata, esplosa e crollata. Alla fine ci sono delle barriere. Ma prima delle barriere, dopo la curva, si profila un blindato militare di proporzioni gigantesche, una specie di grosso camion di forma schiacchiata, ovviamente con tinta mimetica. Dentro ci sono due soldati con l'elmetto. Il mezzo fa un piccolo scatto in avanti, poi si ferma bruscamente. Passo oltre. Dietro al blindato sta attaccato un foglio formato A4 con una scritta in corpo 18 o 20: "Scuola guida".

martedì 22 luglio 2014

Laetitia Yhap, Michael Balling Up Old Net

Laetitia Yhap (1941) Michael Balling Up Old Net (1984) Fonte: Tate


Early Works di Trisha Brown: approccio in bicicletta

Più che fortunati gli spettatori del «Ravenna Festival» hanno rivisto gli incantevoli Early Works di Trisha Brown (1970-1974) lungo un percorso a tappe in bicicletta! E hanno anche assistito, al Pala de André, a due delle ultime creazioni di questa capofila americana della Post Modern Dance (classe 1936 e purtroppo colpita da irreversibile malattia)


Fonte e articolo completo: Il Sole-24 ore, domenica 13 luglio 2014, p. 33

lunedì 21 luglio 2014

Nigel Henderson, Stressed Photography

Nigel Henderson (1917-1985), Stressed Photography, circa 1950
Intorno al 1950, il fotografo Nigel Henderson si concentrò su scene di strada riprese nell'East End di Londra. Il bagno del suo appartamento di Bethnal Green venne trasformato in camera oscura. Henderson si interessò in particolare ad alcune tecniche sperimentali, quali la distorsione o stress durante il processo di stampa. L'immagine risultante sembrava messa a fuoco da una lente distorcente.


Il freno di Ugo


Ugo pedala a Roma da trent'anni. Ricorda quando in bici quotidianamente ci andavano quattro gatti (e il traffico dei mezzi a motore era meno selvaggio). Gira in fissa, per la quale ha realizzato - oltre alla sella e al nastro del manubrio - una singolare e robustissima leva freno. Ha impiegato un pezzo di pappagallo che è connesso alle ganasce del freno a tiraggio centrale da un raggio di acciaio inox, tipo freno a bacchetta. Un freno robustissimo e ineguagliabile. Lo ha scanalato per farlo combaciare con la pipa del manubrio. Arte.

giovedì 10 luglio 2014

Salvare vite umane costa ai salvatori

Comunicato CNAS 

GENIO ITALIANO: LA BUROCRAZIA SPREME SOLDI ANCHE
DAI RIMBORSI DEI VOLONTARI

Qualche settimana fa il premier Matteo Renzi si congratulava per l'opera dei soccorritori del Cnsas “decisivi per le operazioni di salvataggio in Alta Baviera di uno speleologo tedesco … di cui il governo italiano è fiero” e in questi giorni la burocrazia ha aggiunto una tassa sui rimborsi per il mancato reddito dei volontari CNSAS che sono lavoratori autonomi.

Quando impegnati a salvare vite umane, la legge 18 febbraio 1992, n. 162, riconosce ai tecnici del Soccorso alpino e speleologico del CNSAS che siano lavoratori autonomi il diritto a un rimborso per non perdere la giornata di lavoro. Il rimborso è tassato alla fonte con una ritenuta del 20%, a cui si aggiungevano 2,00 euro a titolo di imposta di bollo. I volontari lavoratori dipendenti hanno diritto di astenersi dal lavoro mantenendo intatto lo stipendio. Sin qui tutto bene.

In questi giorni abbiamo appreso che alcuni Uffici territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno interpellato l'Agenzia delle entrate (Interpello 954-83/2014 presentata il 17 febbraio 2014) per sapere se debba essere applicata l’imposta di bollo e in quale misura. Il 13 giugno scorso l'Agenzia della Entrate (Direzione Centrale normativa, Settore imposte indirette, Ufficio registro e altri tributi indiretti) ha risposto che sulle “istanze, petizioni, ricorsi e relative memorie dirette agli uffici e agli organi (…) dell’amministrazione dello Stato (…) tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili” vanno apposte due marche da bollo da 16 euro – per un totale di 32 pari al 44% del rimborso. Questa pesante tassa grava su ciascuna richiesta presentata all'Ufficio del lavoro e della Massima Occupazione per ottenere il rimborso.

Per quanto appaia sempre incredibile il genius loci che ispira una parte di burocrazia cieca e capace di dialogare solo con se stessa è purtroppo ancora una volta riuscito a confermare la separazione tra il paese reale, che si sente parte attiva di questo Stato, e una parte dell'apparato burocratico del nostro Paese. Non si tratta di sdegno contro la burocrazia in quanto tale, ma solo nei confronti di quella che non vuole o non riesce a dialogare con i cittadini e ad essi si rende ostile.

In questi anni di crisi economica essere volontari è ogni giorno più difficile, e solo un grande spirito di solidarietà e di coscienza civica aiuta a restare saldi e a continuare nell'opera, pur nel timore di ripercussioni negative sul lavoro che in questa situazione economica è ogni giorno a rischio. Non si può chiedere a un soccorritore di pagare una tassa su una richiesta di rimborso per un'attività svolta a favore della cittadinanza.

Il CNSAS, che con oltre 8000 interventi l'anno assicura ogni giorno in tutta Italia il soccorso in montagna, sia alla popolazione che ai turisti, dice no all'interpretazione della norma dell'Agenzia dell'entrate che - lo ribadiamo - spreme soldi dai volontari tassando un'indennità che solo in parte compensa un mancato reddito.

Chiediamo pertanto che si ponga immediatamente rimedio a questa stortura che sbeffeggia e lede la nostra dignità di soccorritori, di cittadini e di contribuenti. Ci auguriamo che gli oltre 7000 tecnici del CNSAS, tra cui tanti montanari lavoratori autonomi e artigiani, di fronte a una richiesta di soccorso e con davanti un intervento che potrebbe durare anche diversi giorni non siano costretti a pensare per un solo momento di dover scegliere tra mancato reddito per la propria famiglia e il salvataggio di una vita umana.

Il Presidente CNSAS
Pier Giorgio Baldracco

“E qui il sindaco vorrebbe i turisti?”

Bellissimo reportage sui rifiuti a Roma, città al tracollo. Il sindaco promette che salterà qualche testa.



Fonte: La Stampa

CRONACHE10/07/2014 reportage

Roma capitale dei rifiuti
“E qui il sindaco vorrebbe i turisti?”

Dalle periferie al Colosseo, viaggio nell’emergenza tra bottiglie a terra e sacchi che marciscono al sole Slalom tra l’immondizia a Trastevere
La Caporetto dell’Ama, la municipalizzata che ha il compito di mantenere pulita Roma, è in via Capo d’Africa, una strada lunga e dritta a due passi dal Colosseo. Al numero 23, annunciato da una grande targa con il logo dell’Ama, si trova lo «Sportello Tariffa». Ecco, in questi giorni, i romani entrano, pagano quello che devono pagare, e quando escono hanno davanti ai loro occhi il frutto del loro gesto: cassonetti pieni fino all’orlo, sacchetti in attesa sui marciapiedi da giorni che qualcuno li prelevi.

Roma è sempre più sporca, lo sa bene anche Ignazio Marino che in questo suo primo anno da sindaco ha già mandato a casa un presidente dell’azienda ma è ancora lontano dall’aver risolto i problemi dei rifiuti nella Capitale. Se ne sono resi conto e hanno iniziato a protestare anche volti noti come il giornalista Bruno Vespa e l’architetto Massimiliano Fuksas. Se ne sono resi conto da molto tempo i romani. Basta avvicinarsi ad un cassonetto con una macchina fotografica per ottenere applausi e incoraggiamenti. «Fotografate, scrivete ai giornali, andate a vedere in che condizioni dobbiamo vivere, non ne possiamo più», grida Sandro, trent’anni, tutti vissuti nel quartiere Oppio.

L’azienda si giustifica spiegando che i marciapiedi sono di nuovo pieni di sacchetti che nessuno porta via per problemi di funzionamento di alcuni impianti. La verità è un’altra e meno rassicurante: il sistema di Roma non è in grado di reggere un carico di rifiuti indifferenziati che è quasi del 70%.

Dal primo ottobre dello scorso anno Marino è riuscito nell’impresa di far chiudere Malagrotta, la discarica più grande d’Europa, dove finiva tutto quello che i romani buttavano via senza alcun tipo di trasformazione e al di fuori di ogni regola.

Ma l’alternativa è questa. Cinquantamila cassonetti per 2 milioni e ottocentomila abitanti, che con i pendolari del lavoro, raggiungono quasi tre milioni e mezzo di persone, una quantità di rifiuti da raccogliere ogni giorno pari a 5 mila tonnellate, e una buona parte che resta in strada.

Cassonetti e marciapiedi sono pieni alle tre del pomeriggio a due passi dal Colosseo e dai Fori Imperiali pedonalizzati. «E qui il sindaco vuole mandare i turisti. La sentite la puzza? È estate: questi rifiuti sono qui da tre giorni», spiega la signora Filomena che ha un appartamento con finestre proprio sopra i cassonetti. Anche a Trastevere la situazione è quella che è. Qui la raccolta differenziata si fa in strada, le famiglie portano le buste di rifiuti in alcune ore e in alcuni luoghi stabiliti. In teoria un furgone dell’Ama dovrebbe passare nel giro di mezz’ora, al massimo un’ora, e portare via tutto. Nella realtà le buste restano per intere giornate abbandonate in alcune delle zone più belle della Capitale. Ieri era il giorno di raccolta della carta, nel pomeriggio le strade erano una distesa di sacchi in speranzosa attesa.

E questi sono i quartieri di Roma dove maggiore è l’attenzione di operatori e azienda. Se ci si lascia alle spalle il centro e ci si dirige verso la periferia si può trovare di tutto. Anche zone dove i cassonetti sono perfettamente vuoti ma con le strade invase da ogni tipo di rifiuti come accadeva ieri all’Eur dove giornali, bottiglie di birra, buste di plastica, foglie, resti che il tempo ha reso irriconoscibili stazionavano sui marciapiedi. Come se nelle strade fossero regolarmente passati i furgoni per lo svuotamento dei cassonetti ma le squadre che dovrebbero lavorare di ramazza avessero deciso di prendersi una vacanza. E poi San Lorenzo, il Quadraro, la Tuscolana, la Flaminia e la Magliana dove i cassonetti sono da anni svuotati con chirurgica precisione solo da interi insediamenti di rom. Oppure la Tiburtina, a poche decine di metri dalla stazione, dove il problema principale non sono i cassonetti ma vere e proprie discariche create tra un pilone e l’altro dei sottopassi della tangenziale.

Marino è furibondo. Giudica lo spettacolo nelle strade di Roma «inaccettabile e intollerabile» e promette punizioni. «Credo sia venuto il momento di far saltare qualche testa», avverte. Sul futuro si mostra ottimista: «Abbiamo una strategia». Romani e turisti di tutto il mondo lo sperano davvero. 

Il loro obiettivo è il controllo di tutto il cibo del pianeta

Comunicato Aavaz

Il loro obiettivo è il controllo di tutto il cibo del pianeta: sono 10 multinazionali e hanno già conquistato il 73% del mercato dei semi portando all’estinzione fino al 93% delle varietà in alcuni paesi. In Italia addirittura il 95% dei diversi tipi di frumento ormai è scomparso.

Monsanto & Co. si stanno di fatto comprando la natura. Mettendo in ginocchio l’agricoltura sostenibile e la biodiversità delle coltivazioni, sempre più vulnerabili alle malattie, lasciandoci così sempre più a rischio carestie.

Ma molti agricoltori stanno resistendo, preservando i semi in depositi e fattorie in tutto il mondo. E ora hanno un progetto rivoluzionario: il primo “Google” no profit delle sementi, un sito in cui ogni contadino, ovunque, può cercare o vendere tantissime varietà di piante a prezzi più bassi dei semi OGM industriali. Questo enorme negozio online potrebbe ripopolare il mercato con semi di tantissime varietà e mettere fine a questo assurdo monopolio.

Potrebbe essere l’innovazione agricola più grande degli ultimi decenni, oltre che lo strumento più potente di sempre per fermare la Monsanto. Ma sarà una battaglia durissima, con le multinazionali pronte a portare gli agricoltori in tribunale: per questo ci hanno chiesto di aiutarli e vogliamo raccogliere i soldi non solo per contribuire a lanciare il sito, ma anche a salvare i semi nei Paesi più importanti, far conoscere l'iniziativa in tutto il mondo e creare un fondo per difendere i contadini dagli attacchi legali.

Per migliaia di anni l’agricoltura ha funzionato grazie a contadini che hanno selezionato, piantato e incrociato le sementi. Poi però l’industria ha spinto i governi a sostenere un sistema di monocolture. Ai piccoli contadini vengono promessi maggiori raccolti e guadagni, e finiscono spesso legati per anni a contratti che impongono pesticidi e sementi geneticamente modificate (OGM). E poi le aziende usano brevetti e contratti per obbligarli ad abbandonare le pratiche tradizionali che permettevano di tramandare e innovare le sementi.

Non c’è ancora una posizione comune sugli effetti a lungo termine degli OGM, ma secondo gli esperti la scarsità di studi scientifici indipendenti non esclude che alcuni di questi cibi possano portare seri pericoli per la nostra salute. E non c’è alcuna prova che il loro uso nel lungo termine aumenti le scorte di cibo nel mondo o abbia migliorato i guadagni dei contadini, che anzi in molti casi sono stati mandati sul lastrico, o addirittura spinti al suicidio per i debiti.

Le conseguenze di tutto ciò sono tragiche, e non solo per gli agricoltori. Secondo la FAO, abbiamo già perso più del 75% della biodiversità delle sementi per colpa delle monocolture e delle pratiche industriali. In Sicilia, un tempo il “granaio d’Europa”, la metà del frumento coltivato è di una sola varietà. Ed è un problema enorme perché coltivando tutti i terreni con lo stesso seme, senza alcuna diversificazione, le pianti sono sempre più vulnerabili alle malattie. Le modifiche genetiche potranno anche aumentare la resa dei raccolti, ma senza diversità e sostenibilità, nel lungo termine le piante non sono più in grado di adattarsi ai cambiamenti ambientali con il rischio della perdita di interi raccolti.

Ora abbiamo un strumento per bloccare questo processo. La privatizzazione è in corso solo da pochi decenni, e sono moltissimi gli agricoltori in tutto il mondo che fino ad ora sono riusciti a proteggere le loro sementi: se ora li sosteniamo dando loro un mercato online dove li possano scambiare, avremo avviato una rivoluzione. Questo progetto è sostenuto da una coalizione di oltre 20 organizzazioni, come il Centro per la Sicurezza Alimentare e la Salute, e attivisti tra cui Vandana Shiva. Le nostre donazioni verranno utilizzate per:
  • sostenere direttamente le iniziative a protezione delle sementi in Africa, Asia, Europa e nelle Americhe;
  • aiutare a realizzare il sito che metta in contatto le comunità di contadini di tutto il mondo, permettendo loro di vendere legalmente i loro semi e di condividere le migliori pratiche;
  • finanziare un team legale che difenda i contadini e questo mercato no profit dagli attacchi di Monsanto e delle altre multinazionali;
  • far conoscere in tutto il mondo l'esistenza di questo mercato affinché si uniscano più agricoltori possibile;
  • promuovere campagne per una maggiore tutela dei semi esistenti e contro la possibilità delle aziende di “privatizzarli” addirittura tramite brevetti.
Sono anni che la Monsanto impone i suoi semi OGM e le monocolture di massa non solo ai contadini, ma anche a tutti noi. Ma ora, se tutti facciamo la nostra parte, possiamo lanciare questo progetto rivoluzionario e proteggere tutte le diverse varietà di mele, pere e pomodori per i nostri figli e tutte le prossime generazioni!

“Piantare un seme significa mettere in moto i più grandi misteri dell’Universo.” I semi contengono l’origine e il mistero di buona parte di ciò che sappiamo sulla vita. Facciamo la nostra parte per proteggerli dal controllo totale delle grandi aziende, contribuendo a recuperare migliaia di piante che credavamo ormai perdute.

Con speranza e determinazione,

Alice, Maria Paz, Nick, Emma, Ricken, Antonia, Patricia, Mais, Emily, Diego e tutto il team di Avaaz


MAGGIORI INFORMAZIONI:

L'Onu ai Governi: basta mono colture, sostenete le produzioni locali (Slowfood)
http://www.slowfood.it/sloweb/fe85da110a41668ad7575f58a7437632/lonu-ai-governi-basta-mono-colture-sostenete-le-produzioni-locali-

È vero che gli Ogm sono in aumento? (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2014/02/18/cultura/domande-e-risposte/vero-che-gli-ogm-sono-in-aumento-RPapkyilDlGq3JPBJ1f3aJ/pagina.html

India, contadini rovinati dal cotone ogm (Redattore Sociale)
http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/459197/India-contadini-rovinati-dal-cotone-ogm-una-fotoreporter-nei-villaggi-dei-suicidi

Monsanto e il controllo mondiale delle sementI (Terra Nuova)
http://www.aamterranuova.it/Orto-e-Giardino/Monsanto-e-il-controllo-mondiale-delle-sementi

Storiche sentenze contro la Monsanto e gli OGM in Nepal e Argentina (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2014/01/10/blogs/voci-globali/storiche-sentenze-contro-la-monsanto-e-gli-ogm-in-nepal-e-argentina-99NmUrTNeW6PpHYbufdxPK/pagina.html

L'erosione genetica di specie agrarie in ambito mediterraneo: rilevanza del problema e strategie d'intervento (International Centre for Advanced Mediterranean Agronomic Studies, pagina 15)
http://om.ciheam.org/om/pdf/c53/01002036.pdf

Semi e biodiversità: la resilienza ai cambiamenti climatici (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2014/06/08/blogs/madre-terra/semi-e-biodiversit-la-resilienza-ai-cambiamenti-climatici-sb69y9wOWTjJeUHk4bD7GI/pagina.html

L’avvenire dell’agricoltura dipende dalla biodiversità (FAO)
http://www.fao.org/NEWSROOM/it/focus/2004/51102/index.html

Il potere politico del business agricolo & le lobby delle assicurazioni sulle coltivazioni (Taxpayer - IN INGLESE)
http://www.taxpayer.net/images/uploads/downloads/Political_Power_of_Farm_And_Crop_Insurance_Lobbies_Fact_Sheet.pdf

Chi controllerà gli approvigionamenti agricoli? (ETC group - IN INGLESE)
http://www.etcgroup.org/sites/www.etcgroup.org/files/CartelBeforeHorse11Sep2013.pdf

lunedì 7 luglio 2014

Derive fra Nomentana, Pietralata, Tiburtina, Casilina, Prenestina

Abbandonate le false sicurezze delle piste ciclabili e dilagate ovunque, come gabbiani metropolitani nelle correnti psicogeografiche, sospinti da venti leggeri e inclinazioni stradali impercettibili.

Domenica 6 luglio 2014, (wish you were here, I ride my bike)

Nomentana-Pietralata-Tiburtina-v. Monti Tiburtini-v. Acqua Bullicante-Casilina (Andrea Satta e Tetes de Bois)-Prenestina-Porta Maggiore-Stazione Termini-v. Nomentana-Monte Sacro


Sportomi dalla porta-finestra di casa, alle 16 l'aria cuoce come un phon puntato in faccia, ma decido di uscire, sfuggendo all'assedio implacabile delle zanzare-tigre e alle loro traiettorie furbissime e non intercettabili, abbandonando quindi le letture interessanti che non si riesce a fare per colpa loro. Si parte da Monte Sacro con un viaggio disorganizzato della Détournement Tour. In realtà esco di casa con la possibilità latente di prendere a un certo punto un treno, quindi il bagaglio è assurdo, a cominciare dalla felpa (per via dell'aria condizionata). Per questo viene scelta la pieghevole e incantevole Manuela.

Comunque per ora l'idea è di andare in direzione di una cassatina siciliana che non mi dispiace, anche se ce ne sono di migliori. La pasticceria si trova in via Monti Tiburtini, un po' di pistacchio ce lo mette, la ricotta ha un po' di sapore. Giorni fa ne ho mangiato una scimmiottatura assurda al Nuovo Salario: non c'era il pan di spagna, non c'era il liquore, non c'era il pistacchio, la ricotta non sapeva di niente. Come fanno a restare aperti? Chiamatela cazzatina, almeno.
Quindi imbocco Pietralata - il cui termine non deriva dalle cava di pietra, ma dal latino prata lata, 'grandi prati', quindi praterie sconfinate (che bello doveva essere qui un tempo) - imbocco via di Pietralata in maniera un po' asincrona, perimetrale direi, ma non c'è molto traffico, però le macchine corrono parecchio.
Pietralata è una via interessantissima - potete andarci a pedalare, mi piacerebbe percorrerla a piedi, per meglio apprezzare i resti del passato. Ne scopro uno nuovo. Non mi ero mai avveduto di architetture poste sotto il livello stradale, sotto le mura. Architetture da cui baluginano e risuonano le acque. Poetico, ma ci teniamo lontani da considerazioni batteriologiche e chimiche.

Del millesettecento e rotti, mi pare di intravedere sull'architrave. Pietralata come borgata ufficiale, una delle 12, nacque nel 1930-40 per ricollocare gli abitanti delle zone sventrate dal Buce a Roma.

Nella luce domenicale da spaghetti-western imbocco una strada misteriosa, via Del Casale Rocchi.

Conduce a una specie di paesino. Sembra di stare in Abruzzo o nel Molise. C'è la chiesetta, le stradine. Non prendo foto, mi sembrava troppo invadente. Andateci a pedalare, invece di ammontonarvi nel marasma della ciclabile sul Tevere.
Su Pietralata un cartello su una cabina telefonica segnala il mutamento dei tempi. Adesso per fare un contratto di telefonia mobile la Tim chiede la carta di credito. Fra un po' per fare un contratto qualcuno ti chiederà il dna.
Potete mandare un'email certificata entro un mese dalla data che non c'è.

Imbocco poi via della Magnetite (le vie più vecchie della borgata sono intitolate a minerali) e vado alla deriva fra strade nuovissime e case in costruzione e abbandonate. È il momento più bello del mio percorso. Il corpo si è abituato al calore, la schiena non si è abituata allo zaino. Un venticello sospinge a tratti sulle strade lunghe, le auto sono assenti e molte strade sono chiuse.
Su via dei Monti Tiburtini mi mangio la cassatina. Presto redigerò una classifica su questo tema che getterà finalmente luce sulle ingiustizie o sui casi virtuosi commessi a Roma in tema di cassatine, e proseguo con il mio resoconto psicogeografico. Un'altra classifica che va fatta è quella delle fontanelle di Roma, per decifrare l'assoluta mancanza di democrazia nell'afflusso di acqua, che avrà anche cause tecniche, ma quando serve, a luglio, in bicicletta, fa un po' tirare il collo. Comunque con la città semideserta, ti accorgi di una fontanella dal suo rumore. Che bello.
Prima della curva a destra della via, scopro un angoletto che sembra Latinoamerica, una bellissima scaletta di tufo e terra.
Pedalo su via di Acqua Bullicante fino a incrociare la Casilina. Lì, all'altezza del Pigneto, incontro Andrea Satta e un altro del gruppo Tetes de Bois, forse Angelo, mentre scendono barcollando da un pulmino arroventato. Sono appena arrivati a Roma, dopo alcuni concerti. Andrea mi dice che la settimana prossima suoneranno al Castello Sforzesco di Milano con il palco a pedali. Chiacchieriamo un po' e riparto. Non è infrequente l'incontro con persone che conosco in mezzo alla strada. Tipo paesello, però siamo a Roma. La definirei "serendipità psicogeografica". Al ritorno mi godo la Nomentana, a parte qualche signora sul controviale che si ostina a superarmi. Io le due corsie centrali della Nomentana le chiuderei ai mezzi a motore. L'importante è stabilire una data. Facciamo il 2020? Però prima che finisca il petrolio, sennò non vale.

il nuovo Medioevo

Notizia Aduc

Una 'migrazione', di città in città, o di Regione in Regione, per veder riconosciuto il proprio diritto a interrompere la gravidanza poiché molti ospedali non soddisfano la richiesta. E' quanto accade ogni anno a migliaia di donne, secondo la denuncia che arriva dalla Laiga (Associazione dei ginecologi favorevoli all'applicazione della 194) nel corso dell'incontro 'Il buon medico non obietta' ospitato oggi presso la Camera dei Deputati per fare il punto sull'applicazione reale della legge sull'aborto. "Nel 2012 al Coordinamento per la 194 (che reperisce un posto alle donne che non hanno trovato risposta alla domanda altrove) erano arrivate 1550 pazienti: solo il 34% veniva da Roma, il resto da fuori". A rivelare i dati, frutto di un'indagine condotta nel 2012 andando a verificare la situazione nelle strutture dalle quali provenivano notizie di disservizio, è Silvana Agatone, ginecologa dell'Ospedale Pertini di Roma e presidente della Laiga. "Ad Ascoli Piceno, solo il 22% delle donne proveniva dalla città, le altre dal nord delle Marche. A Caserta c'è una clinica convenzionata che effettua la maggior parte delle interruzioni, ma solo il 34% proviene da lì, il resto da Latina, Frosinone, Napoli". Nel reclamo portato dalla Laiga al consiglio d'Europa, si prosegue con i dati della Puglia. "I medici dell'Ospedale San Paolo di Bari, nel 2012 fecero obiezione in massa, per cui le donne dovevano andare a Putignano o Monopoli per abortire. Le donne di Brindisi, dove nel 2012 non c'erano ginecologi non obiettori, dovevano andare a Ostuni dove ce n'era solo uno, così come a Taranto". Questi i dati che la Laiga denuncia come "migrazione dei diritti". Con conseguenze sulla salute delle donne, che devono spostarsi fisicamente da una città all'altra "per veder riconosciuto un diritto", ma non solo. "Prima di individuare la struttura adatta passano anche settimane, tempo prezioso per riuscire a non andare oltre il termine dei tre mesi previsti per legge".

Viaggio in sedia a rotelle da Acilia a Montecitorio: Claudio Palmulli

È l'iniziativa più importante sulla mobilità (disabili, pedoni, ciclisti) da parecchi anni a questa parte. L'odissea di un ragazzo che in sedia a rotelle vuole andare dalla periferia di Roma al centro parla molto più di tante manifestazioni.
Claudio Palmulli, un ragazzo disabile, figlio di Maurizio, il celebre Mister Ok che ogni primo dell'anno si gettava nel Tevere. Claudio è partito da Dragoncello alle 4 di mattina per arrivare a Montecitorio intorno alle 12. Innumerevoli i problemi riscontrati. Dalla pista ciclabile di Ostia, impraticabile a causa delle radici sporgenti a barriere di ogni tipo: «Sono anche caduto a causa delle barriere architettoniche». All'arrivo Claudio ha lanciato un appello al sindaco Ignazio Marino: «Se non si agevola la mobilità dei disabili, rimarremo sempre chiusi in casa, come in una gabbia».
La mobilità dei disabili è la cartina di tornasole del livello di civiltà nelle nostre metropoli. Prima ancora della mobilità dei pedoni e quella dei ciclisti. Roma soffre di tanti problemi, uno macroscopico riguarda le carenze dei mezzi pubblici, l'altro è la dittatura dell'automobile che detta legge, impone le sue regole (che non sono quelle del Codice della strada né della convivenza civile), crea barriere, uccide, ferisce, stressa, fa ammalare. Le persone hanno il diritto di muoversi. Più la loro mobilità è fragile e semplice, più andrebbe incentivata; più la loro mobilità è delirante e insensata, più le istituzioni dovrebbero scoraggiarla con opportune tassazioni. Sí, pensavo ai suv.
 

Altra notizia attinente, comunicato Cesvot:

Barriere architettoniche, Gelli: “I soldi per abbatterle ci sono, i comuni rispettino la legge”
Il Presidente del Cesvot torna sul problema dell’abbattimento delle barriere architettoniche dopo la denuncia di Iacopo Melio con l’hashtag ironico #vorreiprendereiltreno
  
Firenze, 5 luglio 2014 – “Per ridimensionare il grave problema dell’abbattimento delle barriere architettoniche i soldi ci sono, ma i comuni devono rispettare la legge e presentare alla Regione e adottare il Peba (Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche) che acconsente di accedere ai fondi destinati a questo scopo.” Lo dichiara Federico Gelli, Presidente del Cesvot e parlamentare del Pd, dopo la denuncia dello studente disabile Iacopo Melio, che su twitter ha invitato tutti a farsi una foto con un cartello con l’hashtag #vorreiprendereiltreno. 
La vicenda di Iacopo – continua Gelli - deve essere il punto di partenza: non possiamo occuparci del particolare, risolvere i singoli problemi senza avere invece una visione generale del problema. Il cambio deve essere culturale: pensare le città ed i servizi fin da subito per chi può avere delle difficoltà, sarebbe ancora più comode anche per tutti gli altri.
In Toscana soltanto il 18,8% dei comuni ha presentato e attuato il Peba e questo non è accettabile. Serve un’inversione di marcia, i comuni devono dimostrarsi molto più sensibili al tema della disabilità  attuando una politica non discriminatoria nei confronti di chi chiede di poter vivere come gli altri.”

venerdì 4 luglio 2014

Julio Cortázar (1914-1984), Vietato introdurre biciclette


Nelle banche e nei negozi di tutto il mondo a nessuno importa un fico secco che qualcuno entri con un cavolo sotto il braccio o con un tucano o che dalla sua bocca si snodino come un nastro le canzoni che insegnò la mamma, oppure che conduca per mano uno scimpanzé in maglietta a righe. Ma non appena una persona entra con una bicicletta tutti si agitano, e il veicolo è espulso violentemente in strada mentre il suo proprietario deve subire gl’indignati rimproveri degli impiegati.
Per una bicicletta, ente docile e dal comportamento modesto, costituisce una umiliazione e una beffa la presenza dei cartelli che le sbarrano il passo ad ogni bella porta di cristallo della città. E’ noto che le biciclette hanno cercato con tutti i mezzi di ovviare a questa loro triste condizione sociale. Però in tutti i paesi assolutamente della terra è proibito introdurre biciclette. Alcuni aggiungono «e cani», precisazione che raddoppia nelle biciclette e nei cani il complesso d’inferiorità. Un gatto, una lepre, una tartaruga possono legalmente entrare da Bunge & Born o negli studi degli avvocati di corso San Martín senza suscitare altro che sorpresa, somma delizia fra le telefoniste ansiose o al massimo un ordine al portiere di sbattere fuori i suddetti animali. Può accadere anche questo, ma non è cosa umiliante, innanzi tutto perché rappresenta una probabilità tra molte altre, e poi perché scaturisce come effetto di una causa e non da una fredda macchinazione preordinata, orribilmente impressa su targhe di bronzo o di smalto, tavole dell’inesorabile legge che umilia la semplice spontaneità delle biciclette, creature innocenti.
Ad ogni modo, attenti a quel che fate, direttori! Anche le rose sono ingenue e dolci, ma forse sapete che in una guerra di due rose perirono principi ch’erano un nero fulmine, accecati da petali di sangue. Non vi accada che le biciclette si destino un giorno irte di spine, che le manopole del loro manubrio si rizzino disponendosi per l’attacco, che corazzate di furore assaltino a legioni i cristalli delle compagnie di assicurazione, e che il ferale giorno si chiuda con un tracollo in borsa, con un lutto di ventiquattro ore, e biglietti listati di nero con cui la famiglia commossa ringrazia.

(da Storie di cronopios e di fama, Einaudi, Torino, 1971)

mercoledì 2 luglio 2014

A Roma tempi media di attesa bus 30'-40'

Comunicato Adoc 
 
MOBILITA’: Roma, tempi medi di attesa per i bus tra i 30 e i 40 minuti, con il caldo malori soprattutto per mamme e anziani
Roma, 2 luglio 2014 – Sotto il sole ad aspettare autobus che, se va bene, passano a cadenza di mezzora-40 minuti. Sia al centro che in periferia. Questa la situazione evidenziata dall’Adoc sul trasporto pubblico romano.
“Il caldo si inizia a far sentire e aspettare l’autobus 30-40 minuti sotto il sole è un rischio per la salute, soprattutto di mamme e anziani – dichiara Lamberto Santini, Presidente dell’Adoc – una situazione preoccupante e insostenibile, che non fa distinzioni tra centro e periferia. Corse saltate, tempi di attesa infiniti e mezzi, quando arrivano, spesso senza aria condizionata. L’estate romana dei trasporti si preannuncia catastrofica. Non basta pedonalizzare i Fori per risolvere il problema della mobilità. Anzi, abbiamo colto un paradosso: nella zona possono circolare solo i bus, la maggior parte vecchi e inquinanti, ma non i taxi che, al contrario, hanno rinnovato il parco macchine con un gran numero di vetture ibride. Bisogna fermare il trasporto pubblico locale e rifondarlo da zero, cambiando innanzitutto i vertici delle aziende, puntando a una rinascita del servizio in termini di qualità, efficienza e sicurezza. Serve una rifondazione basata su una nuova etica del servizio, con meno impiegati e più operatori in servizio, con mezzi nuovi e una migliore manutenzione del parco vetture. “

Uno scandalo nazionale

Comunicato Legambiente

Acqua, le Regioni continuano a chiedere canoni ridicoli agli imbottigliatori

Attraverso la revisione dei canoni le Regioni potrebbero ottenere 250 milioni di euro per le politiche di tutela e gestione della risorsa idrica

L’acqua in bottiglia non conosce crisi. Nel 2012 i consumi sono addirittura cresciuti rispetto all’anno precedente, passando a 192 litri d’acqua minerale per abitante. Più di una bottiglietta da mezzo litro al giorno a testa -nell’80% dei casi di plastica- che conferma il primato europeo del nostro Paese: 12,4 miliardi di litri imbottigliati,  per un giro d’affari da 2,3 miliardi di euro in mano a 156 società e 296 diversi marchi. Un’attività che ha un grande impatto ambientale. Per soddisfare l’incomprensibile sete di acqua minerale degli italiani vengono infatti utilizzate oltre 6 miliardi di bottiglie di plastica da 1,5 litri, per un totale di più di 450 mila tonnellate di petrolio utilizzate e oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2 emesse. Impatti importanti che garantiscono elevatissimi profitti esclusivamente alle società che gestiscono questo business, agevolate da canoni a macchia di leopardo e sempre estremamente vantaggiosi.

È questo il quadro che emerge da “Regioni Imbottigliate”, l’indagine annuale di Legambiente e Altreconomia sui canoni di imbottigliamento dell’acqua. All’industria delle acque minerali, in quasi tutte le Regioni italiane, vengono richiesti importi ridicoli, a volte addirittura stabiliti senza prendere in considerazione i volumi emunti o imbottigliati. Una vera e propria regalia di un bene pubblico che appartiene a tutti i cittadini. Sono poche, infatti, le novità rispetto agli altri anni, e anche dove si è rivista la normativa, come nel caso della Puglia, non si è comunque adeguato il canone a quelli che sono i criteri dettati nel 2006 dalla Conferenza Stato-Regioni che, provando a mettere ordine nel settore, proponeva canoni uniformi e l’obbligo di pagare sia in funzione degli ettari in concessione sia per i volumi, indicando come cifre di riferimento almeno 30 euro per ettaro e un importo tra 1 e 2,5 euro per m3 imbottigliato.

Tra le regioni bocciate anche il Molise, la cui regolamentazione fa ancora riferimento ad un Regio Decreto del 1927, la Provincia autonoma di Bolzano, l’Emilia-Romagna e la Sardegna.
Non bocciate, ma rimandate, sono le Regioni che, pur applicando un doppio canone, impongono importi inferiori ad 1€/m3, diversamente da quanto indicato dalle linee guida nazionali. Per il 2014 queste sono, di nuovo, la Basilicata, la Campania e la Toscana.
Le Regioni promosse con riserva, invece, sono quelle cioè che applicano un doppio canone con importi uguali o superiori ad 1€/m3: l’Abruzzo, la Calabria, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte, le Marche, l’Umbria, la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Trento, la Lombardia e il Veneto. Quattro di queste regioni, Piemonte, Abruzzo, Calabria e Veneto, prevedono forti sconti sui canoni delle concessioni per i volumi imbottigliati se le aziende sottoscrivono con la Regione un protocollo di intesa recanti patti per la difesa dei livelli occupazionali.

Soltanto due Regioni si distinguono positivamente. Il primato per i canoni più alti spetta al Lazio, che applica una quota per gli ettari, una per i volumi emunti ed una per quelli imbottigliati, rispettivamente di 65 e 130€/ha, 1€/m3 e 2€/m3. A cui si aggiunge la Sicilia che, da maggio 2013, applica un canone più alto alle concessioni, chiedendo alle ditte imbottigliatrici, da 60 a 120 €/ha a fronte dei precedenti 10 € e, seguendo l’esempio virtuoso del Lazio, adotta, da quest’anno, il triplo canone (in funzione dei volumi emunti e imbottigliati, rispettivamente 1 e 2 €/m3). Il Lazio e la Sicilia sono quindi le uniche due regioni ad applicare un triplo canone ed importi superiori ad 1€/m3 per i volumi emunti e di 2€/m3 per quelli imbottigliati.

Legambiente ed Altreconomia hanno inoltre calcolato che l’acqua in bottiglia viene mediamente venduta a un prezzo di 0,26€ al litro, mentre alle Regioni le aziende imbottigliatrici pagano in media 1€ ogni 1000 litri, ovvero un millesimo di euro per litro imbottigliato, con ampi margini di guadagno. Quello che gli italiani vanno a pagare, infatti, è rappresentato per più del 90% dai costi della bottiglia, dei trasporti e della pubblicità, unito ovviamente all’enorme guadagno dell’azienda in questione, e solo per l’1% dall’effettivo costo dell’acqua.

“I canoni di concessione stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi perfino in aree dove vi sono difficoltà di approvvigionamento idrico e il settore delle acque in bottiglia, così come altre attività che utilizzano e consumano i beni ambientali, deve rientrare in una più ampia riforma della fiscalità ambientale, così come previsto dalla normativa europea –dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente-. Appare chiara la discordanza tra i costi pagati dalle aziende private, che imbottigliano acqua per il loro personale tornaconto, e quelli pagati dai cittadini, che si ritrovano ad acquistare a caro prezzo un bene che di fatto è già loro. La nostra proposta è di istituire un canone minimo nazionale per le concessioni di acque minerali pari ad almeno 20 euro al m3 (ossia 0,02 euro al litro imbottigliato). Ai tassi attuali di prelievo si ricaverebbero circa 250 milioni di euro che potrebbero essere destinati alle politiche di tutela e gestione della risorsa idrica”.
“Nei giorni scorsi Expo 2015 spa e Sanpellegrino, società del gruppo Nestlé leader in Italia nel mercato delle acque in bottiglia, hanno reso nota la propria partnership in vista dell'Esposizione universale: l'acqua Nestlé sarà l'acqua di Expo. Crediamo -aggiunge Luca Martinelli, giornalista di Altreconomia- che per il governo italiano e per la Regione Lombardia, che sono tra gli azionisti di Expo spa, la manifestazione avrebbe dovuto rappresentare un momento in cui promuovere la qualità dell'acqua di rete e il consumo di acqua di rubinetto, e non trasformarsi in un veicolo di marketing per una multinazionale dell'acqua, che in Lombardia imbottiglia miliardi di litri tra acqua e bibite, riconoscendo in entrambi i casi canoni irrisori all'amministrazione pubblica”.

Strisce blu a Roma: con l'aumento ti compri una bici al mese

Comunicato Adoc

STRISCE BLU ROMA: Adoc, se tariffe aumentano danno di 194 euro al mese per lavoratore auto-dipendente
Possibili tagli alle agevolazioni giornaliere e mensili, con ricarichi che sfiorano il 400%
Roma, 27 giugno 2014 - L’Adoc pone il suo veto a qualsiasi ipotesi di aumento delle tariffe delle strisce blu nella Capitale, le ipotesi circolanti sono un aumento a 1,5 euro l’ora e il taglio delle agevolazioni e dell’abbonamento mensile. Così facendo il danno per un lavoratore costretto a usare la propria auto ammonterebbe a 194 euro al mese.
“Siamo assolutamente contrari a qualsiasi aumento a 1,50 euro l’ora delle tariffe di parcheggio all’interno delle strisce blu –dichiara Lamberto Santini, Presidente dell’Adoc – non è accettabile, neanche a livello ipotetico, un aumento delle tariffe né qualsiasi taglio delle agevolazioni attualmente presenti.  Soprattutto nelle condizioni in cui attualmente versa il trasporto pubblico romano, con il 75% dei cittadini “costretto” a raggiungere il posto di lavoro utilizzando il proprio mezzo. Il danno sarebbe gravissimo: abolendo l’agevolazione di 4 euro per 8 ore di parcheggio l’aumento dei costi per una sosta continuativa di una giornata lavorativa sarebbe del 300% (12 euro per 8 ore considerando l’aumento a 1,50 euro del costo orario del parcheggio); eliminando l’abbonamento mensile di 70 euro la spesa salirebbe a 264 euro al mese (8 ore di parcheggio per 22 giorni di lavoro medi mensili): un ricarico del 377%. E’ evidente che si andrebbe a penalizzare una larga fetta della popolazione, tagliando di fatto le entrate del bonus di 80 euro emanato dal Governo. Una soluzione inaccettabile e insostenibile. Considerando che non esiste, ad oggi, una valida alternativa di mobilità a Roma. Serve rafforzare e migliorare il trasporto su ferro e di superficie, assolutamente. Un miglior trasporto pubblico non solo migliora la mobilità ma è un vantaggio anche per l’ambiente e, più in generale, per la qualità della vita.”

Le piante ornamentali nuocciono alle api

Fonte: Aduc

USA - Fiori e piante da bellezza stanno distruggendo le api. Studio

Le piante per abbellire case e giardini vendute nei negozi Usa stanno uccidendo le api. E' quanto rileva il Pesticide Research Institute che ha fatto analizzare piante acquistate nelle maggiori catene di negozi e magazzini in Usa e Canada. Ne è risultato che il 51% di tutte le piante così acquistate avevano grossi quantitativi di pesticidi. In particolare è stata rilevata la presenza di pesticidi neonicotinoidi, sarebbe in quantità tale da uccidere sul colpo tutti i principali tipi di api. I neonicotinoidi sono stati introdotti in agricoltura all'inizio degli anni '90 e sono accusati, insieme ai cambiamenti climatici, di essere i principali responsabili della moria delle api che da qualche anno sta avvenendo in tutto il mondo. Secondo alcuni esperti, in alte concentrazioni possono arrivare a distruggere il sistema nervoso dell'ape. Ma anche in quantità minime possono compromettere le capacità foraggere e di navigazione delle api danneggiando anche il loro sistema immunitario. Sulla pericolosità dei pesticidi neonicotinoidi indagano attualmente le maggiori agenzie governative per l'ambiente e l'agricoltura. Negli Usa se ne sta occupando l'Agenzia federale per la protezione ambientale, ma un pronunciamento non è atteso prima di qualche anno.

Un prodotto su tre venduto con etichetta mancante o sbagliata

Notizia 
23 giugno 2014 13:31
 ADUC
 
Tv, frigoriferi, cantinette domestiche (refrigeratori per bottiglie di vino), forni elettrici e condizionatori. Su 2.522 prodotti esaminati, 1.991 nei negozi fisici e 531 in quelli online, uno su tre viene venduto senza etichetta o con l'etichetta fuori posto o scorretta mettendo cosi' in difficolta' il consumatore. E' quanto emerge da "Etichetta furbetta", l'indagine realizzata da Legambiente, in collaborazione con Movimento Difesa del Cittadino, per verificare la corretta applicazione delle etichette energetiche in Italia. "Dalla ricerca - spiega Davide Sabbadin, responsabile in Italia del progetto MarketWatch - emerge un quadro non completamente soddisfacente dell'applicazione della normativa europea. In particolare rimane quasi completamente inapplicato l'obbligo di consegna della scheda tecnica a richiesta del consumatore, un preciso requisito della normativa Ecodesign".
Le direttive Ecodesign ed Etichetta Energetica sono "una delle piu' grandi operazioni ambientali della storia - aggiunge Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente -. La loro applicazione potrebbe far risparmiare quasi 400 euro a famiglia. Purtroppo, pero', queste direttive non sempre vengono applicate e i consumatori spesso non sono in condizione di scegliere correttamente i prodotti in vendita: alcuni sono meno efficienti di quanto dichiarato sull'etichetta, altri sono privi delle indicazioni energetiche. I mancati risparmi derivanti da queste infrazioni aumentano inevitabilmente i costi familiari, mettono sotto stress le reti elettriche dei paesi membri e contribuiscono negativamente al cambiamento climatico".
Sono stati analizzati 5 tipi di prodotto (tv, frigoriferi, refrigeratori per il vino, forni elettrici e condizionatori) e quattro tipi di negozi: le grandi superfici di vendita di mobili, ipermercati con un corner per gli elettrodomestici, grandi superfici specializzate e online stores. Dalla ricerca e' emerso che su un totale di 2.522 prodotti il 30% dei prodotti presi in esame nei negozi fisici non e' etichettato correttamente. Piu' grave la situazione per i negozi online dove soltanto il 10% dei prodotti - o poco piu' - riporta le informazioni energetiche in maniera esaustiva e corretta. Frigoriferi, freezer, forni elettrici risultano essere i prodotti venduti quasi sistematicamente con l'etichetta, mentre televisioni, cantinette e condizionatori sono invece quelli hanno un livello di etichettamento molto inferiore e cio' dipende dal punto di vendita. Le cantinette sono state scelte perche' legate a un prodotto iconico per l'Italia come il vino, e per avere nel paniere anche un prodotto che si riferisce a un consumo non strettamente domestico. Il condizionatore vanta, invece, il maggiore trend di diffusione degli ultimi anni, responsabile, infatti, dei picchi di consumo estivi (che corrispondo anche ai picchi di consumo massimi annuali).
Per quanto riguarda le tipologie di non conformita' riscontrate, dalla ricerca emerge che le principali non conformita' delle vendite nei negozi riguardano piu' che altro il mal posizionamento dell'etichetta, spesso collocata in angoli ciechi o a piu' di due metri di altezza rendendo difficile o delle volte impossibile la lettura. E' poi possibile imbattersi in etichette fotocopiate, scritte a mano o al computer dal personale del negozio. Invece altre etichette, anziche' esplicare i contenuti, confondono il consumatore. Per quanto riguarda i negozi online, le irregolarita' che emergono dalla ricerca sono differenti essendo diverse le modalita' di comunicare il contenuto delle etichette. Nei negozi online, dove e' maggiore la quantita' di prodotti privi di etichetta rispetto a quelli fisici, si riscontra pero' una frequente dispersione delle informazioni di base in piu' pagine, con alcune informazioni disponibili subito a fianco dell'immagine del prodotto, altre reperibili nella stessa pagina ma piu' in basso, altre reperibili con un click in una scheda tecnica, altre ancora in una scheda "caratteristiche". Altre volte invece si riscontra casi di informazioni limitate, come ad esempio la sola classe energetica, ma senza il consumo annuale, oppure prive del dato sul rumore, laddove previsto, o dei coefficienti prestazionali (SCOP/SEER) per i condizionatori.

Carbone sporco

Comunicato Greenpeace

GREENPEACE: “RISPOSTA DI ENEL UN CAMBIO DI ATTEGGIAMENTO. ORA ATTENDIAMO PROVVEDIMENTI”

Roma, 01.07.2014 - La risposta di Enel, all’indomani della pubblicazione di un rapporto di Greenpeace su gravi violazioni ambientali e dei diritti umani nella filiera del carbone, è un buon segnale, anche se l’organizzazione ambientalista si attende presto provvedimenti concreti. È quanto dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace: «L’Enel si apre al dialogo con Greenpeace, dopo anni di silenzio e battaglie legali. La risposta dell’azienda segna al contempo un cambio di atteggiamento e un passo avanti nel merito delle questioni di cui ci preme discutere. È il segno che il nuovo management sta imprimendo all’azienda. Ora chiediamo a Enel di verificare quanto prima la solidità e la fondatezza delle accuse contenute nel rapporto che abbiamo commissionato e di prendere i provvedimenti conseguenti, in tempi brevi».

Ieri, infatti, Greenpeace ha reso noti, attraverso l’edizione online del Fatto Quotidiano, i risultati di un rapporto commissionato all’istituto di ricerca SOMO sulla filiera del carbone proveniente dalla Colombia. Nella ricerca si dimostra come Enel abbia tra i suoi fornitori due multinazionali, Drummond (americana) e Prodeco (controllata dalla svizzera GlencoreXstrata), ripetutamente accusate di gravissime violazioni dei diritti umani, di aver commissionato omicidi e torture di sindacalisti, lavoratori e semplici cittadini colombiani, di aver finanziato gruppi paramilitari per garantire controllo delle aree dove estraggono carbone in Colombia. Queste aziende in più occasioni hanno anche violato la normativa ambientale colombiana, dato dal quale sono partite le indagini di Greenpeace.

Alla pubblicazione del rapporto, Enel ha risposto oggi con una nota. Vi si legge: “Circa la natura dei rapporti specifici con le società citate, non vi è alcun dubbio che, qualora fossero riscontrate le accuse che vengono mosse dallo studio SOMO alla Drummond e alla Glencore (Prodeco), o più in generale una rilevante violazione etica, Enel non avrebbe alcuna esitazione ad agire nei confronti delle controparti e ad attuare tutte le determinazioni necessarie, come per altro già previsto nei rapporti che legano l’azienda ai propri fornitori”.

I traffici di carbone dalla Colombia alle nostre coste sono intensi. Proprio oggi, la nave di Greenpeace Rainbow Warrior (in Italia per il tour “Non è un paese per fossili”) ha individuato, all’ancora davanti la centrale Enel di Civitavecchia, una nave carboniera – la Medi Tokyo – che arriva dal porto di Carbonera Muelle, in Colombia. Per questo Greenpeace chiede a Enel di intervenire rapidamente, e con rigore, in modo da accertare la provenienza di quel carbone e intervenire di conseguenza. «Auspichiamo che sia l’azienda stessa a interrompere questi scambi commerciali, dietro ai quali si nascondono troppe violenze e impatti ambientali» conclude Boraschi.